Stato lettura: LIBRO CONCLUSO IL 18/05/2022 Voto:
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Nell’anno 2013, in un mondo dominato dal Consiglio dei Magnati dell’Industria, scoppia un’epidemia che in breve tempo cancella l’intera razza umana. Sessant’anni dopo, nello scenario post-apocalittico di una California ripiombata nell’età della pietra, un vecchio, uno dei pochissimi superstiti (e a lungo persuaso di essere l’unico), di fronte a un pugno di ragazzi selvaggi – i nipoti degli altri scampati – riuniti intorno a un fuoco dopo la caccia quotidiana, racconta come la civiltà sia andata in fumo allorché l’umanità, con il pretesto del morbo inarrestabile, si è affrettata a riportarsi con perversa frenesia a stadi inimmaginabili di crudeltà e barbarie. La peste scarlatta è uno dei grandi testi visionari di Jack London, che qui ancora una volta anticipa temi che, un secolo dopo, diventeranno ossessivi.
Nell'anno 2020, in un mondo dominato dalla politica e dagli influencer che spesso sono la stessa cosa, scoppia un'epidemia che fa una strage solo perché gli stati sono dei minchioni. Due anni dopo siamo allo stesso punto di partenza solo che il virus non fa più un cazzo mentre le altre malattie e i politici e gli statali continuano a fare minchiate, che peraltro provocano stragi a non finire. Sessanta o settanta pagine (non ricordo) di angoscianti ricordi di questo vecchio che narra di morte continua ed inesorabile, globale, disincantato nei confronti del futuro e con dei ragazzini che lo trattano come un vecchio rincoglionito. Il libro si conclude un racconto di poche pagine un po' scialbo, utile solo probabilmente a rendere un po' più corposo questo volume che però racchiude veramente una piccola perla e che, senza Alaska o lupi, ricorda comunque il Jack London che tutti conosciamo.
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