Stato lettura: LIBRO CONCLUSO IL 09/12/2021 Voto:
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"Un gigante della fantascienza" è definito Arthur C. Clarke, il profeta dell'Odissea 2001, nell'autorevole e severo Who's Who in Science Fiction di Brian Ash. Così scrivevano, nel 1979, gli allora vati della SF in Italia, Carlo Fruttero e Franco Lucentini, presentando la prima edizione di questo celebre romanzo. E poco importa se il critico citato non era, in realtà, né severo né tantomeno autorevole: prendiamolo come un gesto munifico dei Nostri verso tutto quanto è british, per un impeto d'entusiasmo nato dalla lettura delle Fontane del Paradiso. Che non è solo un libro ricercatissimo, e qui proposto per la prima volta dopo trentaquattro anni, ma è la realistica, insuperata storia del prometeico elevatore spaziale.
Il 28/03/2019 scrivevo: "Abbandonato a pagina 25, tema completamente fuori da ogni mio possibile interesse. Pesante è dire poco perché, pur avendo affrontato un sacco di libri di Clarke, ho fatto fatica ad arrivare a questa pagina."
Il 02/12/2021 ho deciso di riaffrontare questo libro, magari dopo le delusioni degli ultimi libri letti sono più motivato. Il romanzo alterna narrazioni attuali (o meglio, del prossimo futuro) a visioni prospettiche di quasi 2000 anni fa al tempo della costruzione delle "Fontane", le quali peraltro hanno una base storia reale per la quale vi rimando, magari ancora prima della lettura del libro, a leggere questa pagina e tutte le correlate: https://it.wikipedia.org/wiki/Sigiriya
La scrittura è bella, come sempre è bella la scrittura di Clarke che, a parte le conoscenze e le trame, aveva anche abilità come scrittore. È sintetico, ma mai superficiale. Si lascia andare però, come del resto fa spesso, a inserire elementi in più che possono centrare ben poco. Ad esempio, Stellaplano(ma che cazzo di traduzione è?): che senso ha introdurlo se non per piazzarci una critica alla religione, che sia chiaro non sta mai male e non sono mai troppe ma in questo caso un po' fuori luogo dato che non serve assolutamente a nulla alla storia? E quel Parakarma che ad un certo punto decidere di scendere dal monte sacro nel mondo come, nuovamente, ingegnere, riandando con la citazione senza ombra di dubbio alcuno a Zarathustra che scende perché ha troppa conoscenza e poi non serve più a nulla? E il controllo climatico e le digressioni sui laser e i mini-cicloni sono veramente così indispensabili solo per introdurli a fine libro per risolvere un'emergenza?
Del resto, pensando a tutte queste, potremmo anche chiederci: perché non metterle? Si salvano grazie allo stile di Clarke, alle sue conoscenze scientifiche e alla scelta di rendere credibile, realistico e realizzabile tutte le vicende. Sembra un mondo reale, fin troppo.
Sotto questo aspetto e tornando a Stellaplano, è talmente realistico che ci vien da pensare che se un giorno dovesse comparire un'astronave aliena, sarebbe proprio così. Il suo automatismo e il fatto che passa e se ne va ricorda tanto Rama, ed è bello proprio come Rama (o meglio, come il solo primo libro della serie).
Parliamo anche dell'ascensore spaziale: ci viene da pensare che se un giorno si riuscirà a costruirlo, avverrà tutto così. I microfilamenti, i problemi politici, la questione economica. E' tutto tremendamente e inquietantemente realistico.
Come in Preludio allo Spazio, abbiamo qui la cronaca di eventi che accadranno in un futuro non sappiamo se parallelo, e per questo è emozionante. Fa sognare.
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