mar 16/12/2025 | RSS | Menu

I RACCONTI DELLA KOLYMA

Salamov Varlam

Racconti inventanti ma di base molto probabilmente autobiografici, rappresentanti momenti della vita quotidiana nella funesta regione dei gulag della Kolyma, "lassù al Nord" come viene spesso chiamata nel libro, una tra le zone più fredde e brutali della Siberia, perennemente spazzata dal vento tanto che si dice (grazie Wikipedia) che da qualsiasi parte tu vada, il vento ti soffierà sempre in faccia.
Sono piccole storie, perlopiù lunghe poche pagine probabilmente costruite a partire da ricordi diretti dell'autore, internato nel 1937 e scarcerato solo nel 1951 come deduco da Wikipedia mancando nella mia edizione qualsiasi informazione biografica introduttiva (c'è a fine libro ma che senso ha? Mancano anche molte note a termini russi indicanti particolari tipi di vestiario, cibo, o qualsiasi altra cosa che sarebbe stato bello conoscere: cosa sarebbe ad esempio la "celebre Serpantinka"? Perché nel racconto "Il primo cekista" che ruota tutto attorno a quel termine non c'è una nota che spiega cos'è?). L'atmosfera è la stessa che si ritrova nello spietato Una giornata di Ivan Denissovic di Solgenitsin: pura sopravvivenza animale priva di qualsiasi emozione, spietatezza di sentimenti ed azioni, ma forse neanche perché "spietatezza" implica un qualche tipo di emozione che gli internati invece non hanno. Perlomeno all'inizio, nei primi racconti, perché il libro non ha una linea unitaria, è caotico e frastornante ma lo vedremo dopo, prima una...
... riflessione. il Gulag da questi libri ci appare qualcosa di molto differente dai Lager Nazisti: nei lager si veniva messi a morire, poi se si lavorava meglio ancora ma il principio cardine era morire o comunque essere divelti dalla società "ariana"; nei Gulag invece si veniva messi a lavorare, produrre, quindi veniva dato un minimo di sopravvivenza. Non c'erano forni, docce o gaswagen: nei gulag si moriva per "cause naturali". La prospettiva è dunque diversa: l'internato dei lager scendeva in un'apatia rassegnata fino alla morte per inedia, l'internato dei gulag riceve invece cibo e altro sebbene di molto sotto il minimo di sussistenza ma questo gli dà un motivo per sopravvivere, per fare, per agire, e il suo agire è una continua ricerca di cibo o per far durare di più quel poco che ha. Nei lager bisognava morire, nei gulag era ininfluente, l'importante era che vi fosse forza lavoro: i più deboli venivano falcidiati dalla loro stessa debolezza e la perdita totale di umanità andava a favore dei più forti che non si facevano problemi a rubare il pane ai moribondi sotto i loro stessi occhi. La crescita economica della Russia di Stalin (ma i Gulag esistevano già da prima, con lui raggiunsero alte vette qualitative) dipendeva da questa forza lavoro obbligata e virtualmente infinita che doveva costare il minimo possibile. Non era cattiveria, era puro istinto. Un po' come oggi Putin che pur di conquistare pezzi di Ucraina utilizza una forza bellica virtualmente infinita e la vittoria è ininfluente del numero di soldati morti. Fa impressione quanti ex-militari e spesso eroi di guerra si incontrano in questi "campi di annientamento" come penso andrebbero chiamati: del resto la stessa cosa successe nei lager nazisti, gli ebrei tedeschi avevano combattuto in massa con l'esercito prussiano e molti erano pluri-medagliati, anche per questo stentavano a credere che sarebbero stati perseguitati. L'internato del Gulag veniva abbandonato fisicamente, moralmente, legislativamente, psicologicamente, non era più nulla se non un ammasso di carne che doveva lavorare; l'internato del lager aveva uno scopo, quello di morire; all'internato del Gulag era tolto anche quello.
La visione che Varlam ci consegna è terribile: gente pronta ad uccidersi per una crosta di pane vecchio, per una partita a carte, gente che scava nel ghiaccio in attesa della zuppa annacquata, nell'attesa che dal gelo della tundra siberiana ci si possa rifugiare nel gelo del casermone dove i capelli si congelano sul cuscino. Il paesaggio già obiettivamente brutale della Siberia riflette ancora più la situazione degli internati "articolo 58" (almeno di questo viene data spiegazione in una delle poche note presenti nel libro) perché è con quel paesaggio che lottano per costruire strade schiacciando coi piedi la neve, zappare lo strato di ghiaccio perenne duro più della roccia, cercare oro in fiumi che paiono caldi solo perché più caldi del gelo che li circonda, in attesa che la temperatura da -45° salga a -40° quando così si potrà avere l'illusoria inutile sensazione che stia tornando la primavera. Tutto il panorama che ci offre questo libro è invaso di pura spietatezza, non c'è nulla di buono, il bene qui non esiste. Poi emerge di colpo un racconto sul pino mugo che pare quasi lirico finché non si giunge alla fine, quando pure il pino mugo viene imbrogliato dal fuoco dell'uomo, e subito dopo si accede alla baracca degli internati in quarantena dove si parla di dita congelate che emettono tanto pus da riempire lo stivale, di croste da congelamento che si staccano dalle mani, di piaghe perennemente purulente da scorbuto cui mancano le bende per le necessarie fasciatura sostituite invece da orde di pidocchi... Un inferno che quello di Dante pare invede il Lido di Venezia ai tempi della nobiltà.
Tolto ciò, passiamo a una riflessione spietatamente estetica su questo libro: i racconti sono nel complesso belli ma incredibilmente brevi ed alcuni quasi incomprensibili nel presentare in poche pagine una vicenda che quasi non si capisce perché sia narrata. La brevità dei racconti spezza un po' troppo il pathos mancando un narratore (protagonista interno o voce narrante che sia) a sorreggerne la struttura. E' come un gioco di specchi dove si vedono ininterrottamente scene diverse. La lettura si fa un po' lenta e ciò gioca contro la lunghezza del libro. Ho fatto un po' di fatica a volte andando avanti, il male per quanto barbaro comunque può stufare e questo è forse una lezione che indirettamente questo libro ci consegna, è forse la vera lezione che Varlam vuole darci. Questa noia che lieve pervade l'avanzamento della lettura è come un monito che fa intendere come il male che ha generato i Gulag e che nei Gulag permeava gli internati è presente anche in noi: i Gulag, e i Lager nazisti, non furono un'ecceziona ma la naturale (nella sua innaturalezza) derivazione dell'agire umano perché, citando il titolo di un altro suo libro, "Tra le bestie la più feroce è l'uomo". I carcerieri si abituavano ai carcerati che si abituavano al carcere e noi ci abituiamo alle vite che ci vengono rappresentate; solo che noi possiamo chiudere il libro e fare una pausa con un té e dei biscotti, fumarci una cicca in terrazzo e subito dopo andare in bagno a cacare e farci una doccia, mentre loro non potevano nulla di tutto ciò. Il loro libro non si chiudeva mai. Varlam a un certo punto, in un racconto che non ricordo quale, spiega la cosa come potete leggere in questa citazione.
Ora detto tutto ciò riguardo il libro dal punto di vista storico e pedagogico, com'è invece dal puro punto di vista letterario? Be, mi spiace, sarò crudele ma è incredibilmente noioso. I racconti sono veramente corti, non legati, con personaggi che a volte si ripetono ma senza una linearità tant'è che potrebbe anche essere mera omonimia. Alcuni racconti sono più lunghi ma caotici, altri sono troppo brevi, alcuni si fa fatica a capire cosa vogliano trasmettere e di altri non lo si capisce troppo. Il tutto in tantissime pagine. Non è una raccolta di racconti come può esserlo in narrativa, è un insieme di pensieri trasportati in narrativa, è una raccolta di pagine di diario di più persone, un insieme di riflessioni senza una struttura unificante. Il racconto "Come cominciò" ad esempio, provate ad andare direttamente a questo e vi troverete in uno tra i racconti più lunghi una summa di cosa è questo libro. Veramente noioso al punto, tanti sono i racconti inclusi, da diventare prolisso. Ci sono svariati racconti con protagonista un certo Krist e sarebbe stato bene farne un lungo racconto unico sullo stile della giornata di Ivan Denissovic, invece li troviamo sparpagliati un po' qua e un po' là per tutto il lungo libgo e non si capisce neanche se sia sempre la stessa persona. Mi spiace, mi spiace tanto perché la tragica realtà dei gulag ancora oggi troppo sottostimata o sottovalutata meriterebbe ben altro. Io ho per più volte interrotto la lettura per rilassarmi con qualche romanzo, perché leggerlo tutto d'un fiato è difficile. Fosse stato un romanzo, con una vicenda unica strutturata in micro-capitoli sarebbe stato ben diverso, ci sarebbe stato un punto d'appoggio, ma così è troppo dispersivo. Peccato. Si pensi che questa recensione l'ho scritta, fin qua se per caso la allungherò, quando sono ancora al 55% della lettura e già ho dovuto interromperla una volta per prendermi una pausa con La Casa d'Inferno di Matheson e a breve farò un'altra pausa (al 69% l'ho fatto con La Scacchiera di Auschwitz, giuro che non ce la facevo più). La prima parte "I racconti della Kolyma" è bella ma porta allo stremo e poi arriva la "Riva sinistra" che ha racconti al limite del comprensibile, "Il virtuoso della gamba" ha tre racconti lunghi belli ma impegnativi per questo stile misto tra racconto, diario, saggio, cronistoria - sono "Il procuratore Verde", "I corsi" e "Il treno" incredibilmente tragico sebbene sia il momento liberatorio tranne che la sezione dopo "La resurrezione del larice" ci riporta nei microracconti e di nuovo nella Kolyma, senza un senso preciso dato che Il Treno sarebbe la sua scarcerazione e il ritorno da suo moglie che appare solo un secondo in stazione.
Ovviamente, tuttavia, un libro come questo non può essere giudicato solo esteticamente: è un libro "vero" e grazie a Varlam abbiamo uno spaccato del gulag e della Kolyma a tutto tondo, a 360 gradi di inferno. Proprio questa sua struttura così difficile da digerire ci permette di guardare dappertutto, come se stessimo guardando un rendering di Autocad ed entrassimo in ogni stanza solo che qui vediamo ogni più piccolo particolare di vita, ogni minimo dettaglio. Varlam non ci nasconde assolutamente nulla. E' per questo che sebbene sia una lettura difficile ed eccessivamente cristallizzata, priva di un'unitarietà globale, con riferimenti spesso circolari o inconclusi, rimane un testo che va letto e chiuso il discorso. Dei lager nazisti siamo bombardati di notizie di ogni tipo (vedi lo stupido libro citato prima) di conseguenza siamo convinti di sapere già tutto, ma dei gulag non ci sono notizie e questo è ancora peggio perché siamo convinti di saperne qualcosa mentre in realtà sappiamo solo il significato della parola.
NOTA FINALE | molti paesi della Siberia nacquero grazie agli internati che, una volta scontata la pena, non potevano uscire comunque dalla Siberia e veniva nuovamente condannati a non poter rientrare più nella civiltà. Una di queste città fu Magadan, spesso citata nel libro, e una delle strade costruite dagli internati - come si legge spesso nel libro - è la "Strada delle ossa" (nomen omen) ovvero la R504 che vi portava. Grazie a Wikipedia ho scoperto che i primi occidentali che vi transitarono, dopo il crollo dell'URSS, furono dei motociclisti nel 1995 con la spedizione "Mondo Enduro". Info a questa pagina nonché a quest'altra e un piccolo video qui su Youtube. Fa specie pensare che una strada costruita da internati di Gulag fu attraversata per la prima volta non da persone di cultura ma per una trasmissione televisiva finalizzata allo svago.

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  • I racconti della Kolyma (stato: Libro finito Libro molto apprezzato! )
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    NOTA BENE | le recensioni di libri qui presentate sono esclusivamente frutto del mio gusto personale che inoltre è anche contestualizzato al periodo in cui mi trovo a leggere quel determinato libro. Ciò che io dico potrebbe non andare bene per voi, il mio consiglio è di leggere anche altre recensioni online, ma allo stesso tempo di lasciarvi ispirare dalla sensazione ingiustificata che il nome di un autore, il titolo di un libro, una copertina, ciò che ne dici la quarta, la fedeltà a una casa editrice o il consiglio di un libraio possono suscitarvi. E' così che io perlopiù scelgo un libro. Per quanto riguarda i voti si consideri che bene o male un libro brutto è sempre meglio che una bella serie in tv, perché i libri avranno sempre una cosa in più: tacciono. Per il resto vale quanto già detto in altre parte del sito: è mio, ci scrivo io, quello che voglio io, internet è grande e troverete altri siti che vi aggradano.

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