La letteratura mediorientale ha sempre un tono sognante poetico che mi piace molto. Quella araba soprattutto. Quella ebraica è più occidentalizzata, più pervasa da mondi sociali più strutturati (sebbene riesca a mantenere quel tono fiabesco e portarlo nella più cruda realtà), mentre la araba (e la persiana vi rientra, potrei dire "mussulmana" invece di "araba" ma non voglio connotarla religiosamente) rimane in un mondo più antico. Del resto tali rimangono i gruppi sociali di quelle zone, con le tribù ancora a definire la cultura e la società. Ci muoviamo dunque in un mondo più antico e più sognante che tuttavia noi occidentali non conosciamo bene, per cui è probabile che non a tutti possa piacere. Io sinceramente lo adoro. Il ritorno di Noor in Iran è un ritorno al passato in tutti i sensi: al suo passato, alla sua infanzia, e ad un imprecisato passato sociale che forse, in realtà, non è mai esistito ma è meglio pensare che lo sia.