In questo secondo volume Sawyer avanza nella sua narrazione del primo contatto fra due mondi, sebbene i due mondi appartengano a universi differenti. Nel primo volume c'era l'innovazione, la scoperta, ora invece la narrazione si fa un po' più piatta perché comincia lo scambio di conoscenza e persone mentre viene a mancare la meraviglia del "primo contatto". Non che il libro sia brutto, anzi, si legge bene, intriga, è arguto, non è banale, ma c'è un qualcosa che lo rende un po' noioso. Si passa in questo romanzo alla visione meramente pratica dell'incontro tra le due razze, con rappresentanti politici, intrighi, e soprattutto la vicenda amorosa tra Ponter e Mary che a mio avviso è completamente fuori luogo e viene tirata un po' troppo per le lunghe. C'è un lato pedagogico che, già presente nel primo romanzo, qui diventa preponderante e nasconde un leitmotiv che ritroviamo spesso nella fantascienza: sebbene i Neanderthal abbiano sviluppato una società e una tecnologia palesemente migliore (qualitativamente) della nostra, i Gliksin hanno sempre un "di più" che però pare, sebbene non detto, legato alla religiosità (il solito Cristo), cosa che mi ha disturbato non poco. Nessuno si prende la briga di spiegare a Ponter i misfatti dei cristiani, e quanto poco comunque abbiamo a che fare con Cristo poiché seguaci di Paolo? Sinceramente da metà libro in poi ho cominciato a provare un po' di fastidio che è andato ad aumentare fino alla fine. Anche la struttura narrativa, con il colloquio con lo psichiatra che continua per tutto il romanzo fino al disvelamento finale, l'ho trovato inutilmente artificioso.