Non sono un fan dei racconti, preferisco sempre la struttura lunga del romanzo: i racconti sono o troppo aneddotici, o - ma è la loro natura - troppo corti e spesso inconcludenti. Il narratore di racconti deve tralasciare i contenuti che diventano solo un mezzo, quasi secondario, per trasmettere un messaggio. Hemingway è maestoso nei racconti: a leggerli, sono strapieni di "fatti", di "realtà", ma ciò che lasciano e per cui esistono è altro. E' "atmosfera". Come per Tolkien, vale la stessa cosa: non tutti sono Hemingway.

Non ho letto i suoi libri fantasy, ma posso già dire che Martin non è Hemingway: i suoi racconti vogliono trasmettere quell'atmosfere di perdita, decadenza, solitudine e sconfitta che riesce a trasmettere in Dying of the Light ma là aveva un sacco di pagine a disposizione, mentre qua finisce col perdersi in descrizioni di atmosfere che invece non riesce ad evocare. Ne escono dei racconti che sono carini, perlopiù, anche se qualcuno è di una noia mortale, tutti con la ripetitiva struttura del finale a sorpresa, tant'è che leggi il primo e saprai già come finiranno tutti gli altri.

Per fortuna che, non essendo così appassionanti, si può tranquillamente appoggiare il libro sul comodino e lasciarlo lì qualche giorno per riprendere le forze prima di riaffrontarlo. Io l'ho fatto ben due volte, per riuscire a concluderlo.