Un paese piccolo dove si sta svolgendo il funerale di un ragazzo caduto in Iraq, una cittadina dove le fabbriche locali stanno chiudendo e i negozi fanno spazio ai centri commerciali. La bara è vuota e noleggiata al Wallmart, poche persone sono presenti e un po' per noia un po' per tradizione. L'inverno è arrivato in anticipo, il vento è tagliente e porta via la bandiera facendola volare fino a un albero secco dove si impiglia restando a tremare.
Questo è il grandioso incipit di questo libro. È difficile trovare le parole giuste per iniziare bene un romanzo, pochi sono maestri in questo campo ma questo incipit è grandioso.
Peccato però che il libro pecchi di sovrabbondanza tematica e si voglia spingere troppo sul romanzo di crescita e attese disilluse, di decadenza dei valori e perdita dell'identità. Possibile che a tutti la vita sia andata talmente a rotoli fino a violenze e brutalità così immani? Possibile che il filo del destino leghi così strettamente le vite di questi ragazzi travalicando il tempo? È un po' eccessivo questo caso, le coincidenze paiono un inutile e pesante e poco credibile Deus ex machina senza il quale la narrazione non starebbe in piedi .
A voler mettere così tante storie un po' annoia con questi eccessivi ricordi continui che fanno perdere il filo, e un po' si perdono molti approfondimenti che lasciano troppi interrogativi.
Peccato perché la scrittura è meravigliosa.
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