Douglass è uno di quegli individui che da soli sono riusciti a scalare la vetta del pensiero: non del pensiero come cultura, come conoscenze storiche, come "scuola", ma del pensiero come puro intelletto libero. Nato schiavo, è stato il primo nero candidato alla vicepresidenza degli USA. Ricorda molto le
"Memorie di un contadino" di Jean-Marie Deguignet, storia di un misero contadino bretone che risale la china dell'ignoranza e ci consegnò uno dei libri più belli che abbia mai letto.
Stilisticamente il libro di Douglas non è male, a volte è un po' retorico, a volte un po' superficiale, ma nel complesso è la testimonianza di un periodo storico in cui la nostra cara civiltà cristiana (e sulla religione Douglas insiste molto) così aperta e disponibile ha operato la peggiore forma di oppressione nei confronti di una popolazione che si potesse immaginare. La "qualità" del crimine è immensa, perché è l'oggettivazione totale e spietata dell'uomo che veniva strappato alla sua famiglia, alla sua terra, al suo popolo, come fosse una patata da togliere dall'orto, e non finiva qua poiché la devastazione dell'invididuo continuava nelle proprietà dove egli non era più solo uno schiavo, ma una vera e propria
cosa.
La sua biografia è fruibile su
Wikipedia
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