mar 15/10/2024 | RSS | Menu

MATTATOIO N.5

Kurt Vonnegut

Libro estremamente complesso come struttura nonché a livello concettuale, ma come struttura principalmente. E' autobiografico, ovvero Vonnegut si autocita nel libro che parte dalla sua esperienza reale; comincia con i suoi sforzi per decidere come scrivere la sua esperienza, quindi una volta deciso comincia la narrazione della vita di Billy Pilgrim (pilgrim=pellegrino, si capisce da subito che il libro avrà alta valenza metaforica). Durante la narrazione dell'esperienza di Pilgrim, personaggio inventato e tale esplicitato da Vonnegut stesso, compare saltuariamente anche Vonnegut come comparsa. Pilgrim vive esperienze extracorporee a-temporali con la narrazione che (si badi che è in terza persona, in teoria narrata da Vonnegut) salta da un momento storico della sua vita all'altro, indipendentemente dalla direzione del tempo quindi, in qualsiasi momento della storia, Pilgrim può catapultarsi in qualche altro momento del passato o del futuro (e così fa anche il narratore), secondo la caratteristica dei quattro sensi degli alieni di Tralsamadore il cui quarto senso è appunto il tempo, ovvero essi lo percepiscono come un tutto, e tale sarà ciò che vi ritroverete a leggere con ovvii problemi di comprensione. Il tempo dei Tralfamadoriani richiama il tempo dell'eterno ritorno di Nietzsche, o l'essere come verbo di esistenza privo di non essere ovvero del "divenire" com'è nel neoparmenidismo di Severino, da cui si può evincere che, come dicevo, è difficile seguirlo non solo a livello di struttura narrativa ma anche a livello concettuale. Così è la vita.
Cosa ci troviamo dunque di fronte? Un libro che innanzitutto non narra solo del bombardamento di Dresda, diciamo che da quello nasce l'ideologia cui attinse Vonnegut per scriverlo; non narra neanche solo di guerra, perché in realtà è quasi un biografia di Billy Pilgrim da quando era ragazzo alla sua morte; un libro che non è di fantascienza, perché è solo "fanta" e niente "scienza" al punto che persino definirlo "fantasy" è troppo, essendo molto più legato alla struttura delle fiabe per bambini; e tutto ciò lo fa senza una linearità cronologica chiara, vediamo Billy dietro le linee e nemiche e subito dopo a scuola, vediamo Billy che viene catturato dai crucchi e subito dopo vedovo e vecchi, vediamo Billy che viene portato in campo di prigionia e subito dopo al suo matrimonio dopo la guerra... Così è la vita.
C'è una linearità ma difficile da seguire come capire del ramo di un albero qual è la linea principale tra tutte le ramificazioni. Ne otteniamo un libro profondo e intrigante, intenso, strutturato, ma nonostante ciò incredibilmente pesante e noioso al limite dell'insopportabilità, ho fatto una fatica infame a leggerlo sia per questi motivi sia perché il tutto è votato ad uno stile satirico che io non riesco a digerire. Si potrebbe dire che è ciò che Vonnegut dice dello scrittore di fantascienza (fittizio, inventato da lui) Kilgore Trout: magnifiche idee ma esposte in maniera terribile, "questo tizio non sa scrivere". Che dire, è la mia opinione e ... Così è la vita.
Per quanto riguarda la sua fama, mi stupisce e mi stupisce di più sentirlo citare spesso tra i libri memoriali di guerra perché il suo stile così incredibilmente assurdo trasforma in fittizia ogni sua pretesa testimonianza, pure tenendo conto che questa occupa non penso più del 30% dell'intero racconto. E' probabile che la sua fama sia indiretta più dovuta al fatto che Vonnegut divenne un araldo del pacifismo, e ho sempre disprezzato questo termine che solitamente definisce una fetta di persone ben orientate politicamente e ideologicamente per le quali il pacifismo diventa semplicemente un'arma retorica. Del resto definire, come fa e infatti cito, il bombardamento di Dresda come "il più grande massacro della storia europea" è cosa talmente ignorante e stupida che già basta a definire questo libro. Così è la vita.
Peccato, di questo autore da anni volevo leggere "Ghiaccio-nove" ma negli ultimi tempi ho letto qualche biografia di guerra e quindi per inaugurarlo o scelto questo, ho paura che "Ghiaccio-nove" dovrà aspettare altri anni, se mai mi ci dedicherò.
Insomma: se cercate un libro di guerra, non c'entra nulla; se cercate un'autobiografia di prigionia, non c'entra nulla; se cercate un libro di fantascienza, non c'entra nulla; se cercate un romanzo distopico non c'entra nulla a meno che non reputiate distopica anche Lo Hobbit o La Storia Infinita; se cercate un esperimento stilistico letterario, ma nulla più, allora fa per voi. Si può classificare probabilmente come "operetta satirica". Così è la vita.
Da sottolineare anche che sebbene venga spacciato come memoriale del bombardamento di Dresda in realtà non lo è, dice poco o nulla; verso la fine del libro dice che cominciano a bombardare e subito dopo che la città è rasa al suolo. "Radere al suolo" però, a paragone con altre situazioni di "radere al suolo" accadute durante la WWII, non è propriamente corretto: le foto del Ghetto di Varsavia parlano chiaro, e le foto di ciò che non abbiamo parlerebbero ancora meglio, tenendo conto che dai nazisti fu rasa al suolo un'intera popolazione ovvero tutti i villaggi ebraici dell'Europa, non rasi al suolo ma letteralmente cancellati dalla faccia della Terra, dopo la guerra non si trovarono neanche le rovine. Per non parlare dei morti che Vonnegut dice: parla di oltre 140.000 morti quando una stima credibile parla di 20-25.000 morti, peraltro scaturita da indagini crucche quindi non americane o inglesi - si perché non solo gli americani bombardarono eh, cari i miei anti-americanisti. Certo, tanti morti, tantissimi, troppi ma paragonati a ciò che combinarono i nazisti e i loro amichetti, i russi, i giapponesi, si perdono come una gocca di sangue in mezzo a un laboratorio di analisi. L'ho già detto e lo ripeto: per quanto mi riguarda quei bombardamenti ci stavano, la guerra era ormai persa e la Germania non aveva più cibo neanche per le truppe che ormai venivano reclutate anche tra i ragazzini, ma non si arrendeva perché, come disse Hitler, "muoia l'ultimo tedesco ma sopravviva la Germania" (come sia possibile, poi...). Bisognava aspettare ancora, altri battaglie, altre invasioni? E' stato un brutale atto di forza volto a intimidire e forzare la resa che non avveniva mai, nonostante la Germania fosse allo sfascio totale. Come accadde per il Giappone: la guerra era finita e resisteva solo lui, un'invasione di terra sarebbe stata una carneficina, cosa bisognava fare visto che non giungeva la resa e anzi tentavano di attaccare con qualsiasi cosa gli restasse in mano? Rendiamoci conto che neanche dopo Hiroshima il Giappone dichiarò la resa, attesero la bomba di Nagasaki che sapevano sarebbe caduta ma, nonostante tutto, non vollero firmare la resa.
Ultima nota: "così è la vita". L'ho scritto spesso perché ritroverete questa espressione almeno due volte in ogni pagina tant'è che spero di togliermela dalla mente il prima possibile e non usarla mai più per il resto della mia vita. Lascio un voto a due stelle invece di una perché l'idea stilistica non sarebbe male ma se viene applicata a un romanzo di base o sedicente biografico/storico è un disastro.

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