sab 02/11/2024 | RSS | Menu

IL SOLE NERO

Jack Williamson

L'inizio è fenomenale. L'azienda Starseed che ha creato il programma di colonizzazione dello spazio è in bancarotta a causa dei movimenti interessati di soldi dei suoi soci, in primis il presidente che è ormai prossimo ad essere arrestato; allo stesso tempo un movimento clandestino che si oppone a questo programma ha sabotato alcune missioni aggiungendo altre grane economiche, e ci troviamo dunque di fronte, nelle prime pagine, al lancio dell'ultima nave spaziale. Il programma era ambizioso: le navi partivano senza sapere dove sarebbero arrivate, sfruttando un effetto quantistico che le porta a superare la velocità della luce finché la traiettoria incrocia in maniera del tutto casuale una massa gravitazionale intensa che fermi l'effetto quantistico e la nave. La massa è probabilmente una stella, ma può anche essere raramente un buco nero, o casualmente la nave non incrocerà mai una stella e la sua massa, diventata onda quantistica, si disintegrerà. Gli occupanti dunque non sanno che ne sarà di loro, potrebbero finire in buco nero, troppo vicini a una stessa massiccia, in un sistema stellare privo di pianeti o pianeti abitabili, o potrebbero viaggiare a lungo fino a vaporizzarsi. L'importante è fare tanti lanci per aumentare le possibilità che qualcuno abbia successo, salvando l'umanità da una Terra in cui i danni climatici hanno ormai condannato il pianeta e la sua popolazione vivente all'estinzione. La premessa è bellissima e lo svolgimento magistrale e quando la nave decelera e si trova in uno spazio vuoto nero in cui impera silenziosa una cupa nana bruna, Williamson riesce a creare benissimo il grande senso di desolazione che solo la bella fantascienza spaziale riesce a creare. La nana bruna è cupa, solo ogni tanto visibile per gli ultimi getti di combustione, rosso scuro, che riescono ad emergere nella crosta, mentre attorno a lei ruota silenzioso e mai illuminato un misterioso pianeta ghiacciata ma che forse, miliardi di anni prima quando la stella ancora viveva, custodiva mari, terre e vita, mentre ora è un gigante ghiacciato sulla cui superficie la stella sta perennemente in cielo senza mai illuminarlo e condannandolo a una gelida eterna notte, oscillando nel cielo poiché il pianeta è ormai in rotazione sincrona condannato da miliardi di anni a non avere più luce e vita.
Non è magnifico tutto ciò? Williamson riesce a cesellare questa situazione alla perfezione tant'è che riusciamo persino a sentire nelle ossa il freddo di quel pianeta e di quella immonda solitudine, l'infinita distanza quadridimensionale dei protagonisti rispetto alla loro Terra probabilmente già distrutta per la dilatazione temporale della relatività, l'immensità dello spazio e del tempo che forgiano brutali la solitudine di un pianeta da millenni condannato alla stasi glaciale, di un popolo che è stato annientato dalle devastazioni delle evoluzioni stellari e che da eoni giace in attesa. Bello, veramente.
Un pianeta ricoperto di ghiaccio che da centinaia di millenni ruota in eterno silenzio e immutato attorno a una nana bruna alla fine della sua vita, un sole nero che svetta sempre nella stessa posizione del cielo nero, una sfera buia contro il buio della notte riconoscibile solo per qualche bagliore rosso che emerge dalla sua crosta bruciata. Meraviglioso. La fantascienza è sempre magica. Williamson ha però nascosto un segreto, una grande domanda che sembra lasciata lì quasi nascosta: perché la gente parte con le navi? Sulla Terra in fondo si vive ancora, mentre delle navi poco si può dire, non si sa dove vanno, cosa troveranno, e del resto non si sa neanche se ci arrivano a qualcosa dato che una volta decollate ogni rapporto con loro è perduto. Potrebbero anche esplodere tutte quante, non si sa neanche cosa si provi al decollo dato che nessuno può tornare a raccontarlo; e se magari si muore alla partenza per qualche effetto quantistico ignoto? Eppure ben 98 navi sono già partite, piene di persone e ci sarebbe la coda anche dopo la 99esima. Perché? Non si sa, di certo da quel che lascia intendere molti partono solo per fuggire da qualcosa, o perché è il loro lavoro. Sicuramente Williamson non ha messo questa ambiguità per caso, ma è probabilmente la vera grande questione nascosta nel romanzo.
E' un romanzo di avventura, con colpi di scena, scoperte, tradimenti e battaglie, cattivi e buoni in pieno stile fantascienza classica ma forgiato magnificamente. Un classico della fantascienza assolutamente da leggere.

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