Una storia difficile da seguire perché le vicende di Noa e Amir, di Moshe e Sima Zakian, di Yotam e di Saddiq sono narrate da loro stessi in micro-paragrafo. La maggior parte dei paragrafi sono in prima persona e raccontano accadimenti, pensieri, dubbi, ricordi di ciascuno, mentre qualche altro paragrafo è diretto dalla voce fuori campo. Ogni paragrafo crea così un nodo la somma dei quali costruisce la ragnatela di queste esistenze. Molto bella la scrittura, molto difficile invece seguire la narrazione perché serve concentrazione. E' un libro da leggere ogni giorno, e con attenzione. Il tema di tutto? La nostalgia ma in senso quasi platonico, idealistico, una nostalgia senza un genitivo a definirla, senza una terra sotto i piedi. Nostalgia della gioventù, degli amici, della terra natìa, della casa di famiglia espropriata, dell'amore, della famiglia, della pace, della guerra, di ogni santa cosa che viene in mente questo libro è una summa del concetto di "nostalgia". Saddiq e l'unico che di questa nostalgia diventa vittima e forse, in futuro, carnefice.
Ho questo libro in deposito da moltissimi anni perché ricordo che lo inserii nella versione embrionale del mio sito Bostro.net quando ancora mi serviva soltanto per avere un elenco libro di comprare. Mi è piaciuto? Si, ma con dei dubbi riguardo la struttura che è un po' eccessiva per un libro così lungo. Avrei preferito che i paragrafi in prima persona fossero delle eccezioni, piuttosto che la normalità. Mi urta invece particolarmente, perché la trovo fuori luogo, la cadenza rimata dei paragrafi narrati da questo ignoto spettatore esterno, come pure quelle due o tre scene tra il comico e il grottesco che non riescono bene in tutte e due le cose. Un libro bello, insomma, ma che avrei preferito steso in altro modo sebbene riesca a tenere incollati alle pagine nonostante la non esigua mole in rapporto allo stile e riesca comunque a evocare sentimenti tra i quali il predominante è, ovviamente, la nostalgia, anche di averlo concluso.
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