Stato lettura: LIBRO CONCLUSO IL 11/10/2018 Voto:
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Pubblicato nel 1945, "Ritorno a Brideshead" è il primo romanzo di Waugh nel quale la tematica religiosa cattolica abbia un'importanza pari all'intento satirico. È la storia dell'inarrestabile decadenza dell'aristocratica famiglia dei Flyte che si consuma in un'antica dimora in cui immutabili riti e cerimonie stanno per essere spezzati via dai tempi nuovi, ma è anche un'impareggiabile e commossa rievocazione degli anni della giovinezza trascorsi in colleges esclusivi; è la constatazione che la vita non può prescindere dalla religione, è il sarcastico ritratto di una classe sociale chiusa in se stessa che sta per essere travolta dalla tempesta della guerra.
Che avventura. Leggere un libro come questo, appartenente al grande filone delle epopee personali e/o famigliari moderne, è una vera avventura. Non è per tutti, sono libri difficili. Innanzitutto, lasciano sempre, tutti quanti, un sacco di punti interrogativi, ed è una loro caratteristica naturale, non una mancanza dell'autore. Perché nel racconto della famiglia, o del protagonista, sviluppantesi nel corso del tempo, degli anni, il vero protagonista è di solito un'era, una stagione, una generazione: il protagonista è un ciclo. E quando il ciclo si conclude, si conclude l'epopea, indipendentemente dalla conclusione o meno delle vite o delle avventure che, appunto, lasciano punti interrogativi ma secondari. Che ne è di Sebastiano? E di Cordelia, Giulia, di Nunù, di Bridey, di Carlo? Bisogna sprofondare intimamente in queste opere. Come nell'elegante I Buddenbrook di Mann, o nella più moderna La Città e la Metropoli di Kerouac, o l'impressionante capolavoro Viaggio al Termine della Notte, anche in quest'opera il tema che mi piace di più è il flusso costante del tempo che non lascia scampo alle decisioni. C'è qualcosa che mi sfugge, comunque, ed è l'eventualità di un giudizio sul cattolicesimo: a mio avviso non ne esce per nulla bene, e che Carlo Ryder alla fine esageri le sue posizioni ma solo perché costretto a fronteggiare l'assurdità del cattolicesimo rappresentata dai Flyte, ma perché allora la recensione dica che qui vi è "la constatazione che la vita non può prescindere dalla religione" come fosse qualcosa di positivo, mi sfugge. C'è da dire che prima di leggerlo mi sono un po' meglio informato sull'anglicanesimo, perchè il punto di vista nel libro è appunto quello di un ateo di base anglicana, per il quale il cattolicesimo è comunque estraneo e in buona parte sconosciuto, o conosciuto solo per "quello che se ne dice in giro", come ammette Carlo alla fine.
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