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MEMORIE DI UN SOLDATO BAMBINO

Ishmael Beah

Categoria libro: Biografie
Stato lettura: LIBRO CONCLUSO IL 22/09/2015
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Tanto bello quanto terribile. Quasi troppo corto. Scritto bene, semplice e diretto, impersonale per riflettere la sua perdita di umanità. È infatti più un diario prima, e dopo la guerra. Ma durante è senza anima, quasi come parlasse di un'altra persona. Fa un po' specie il modo in cui lascia la casa, i cugini, la zia neo-vedova. E anche il fatto che non ci dica cosa ne è stato di loro. Ma come rimproverare qualcosa di questo tipo, a chi ha fatto la sua terribile esperienza? Non si giustifica, né spiega. Ma non lo fa mai. Né quando racconta di invasioni ai villaggi, né quando parla delle torture che esegue sui "ribelli", né quando descrive come ha sgozzato una guardia durante una battuta in un villaggio per rubare il cibo. Salta di netto tutta la parte in cui dalla paura della prima volta che imbraccia il fucile, obbligato, passa direttamente a lui già guerrigliero (come si chiama lui "soldato", perché in teoria fa parte dell'esercito regolare) vissuto, dedito ai saccheggi, alla guerra, all'omicidio, alla tortura, alla droga. Né poi spiega il processo interiore che, durante la "cura" nel centro di riabilitazione, lo porta dall'aggressività dei primi giorni al comprendere ciò che è, e ciò che ha fatto.
E' come fossero due persone distinte a parlare, l'una dell'altra, mai la stessa di se stessa.
Quello che si può intuire è semplicemente che, al ritorno della guerra, quando cominciarano a sparare ed uccidere a Freetown e il governo finì nel caos dei golpe, dopo essersi riabilitato con estrema fatica e sacrificio - in parte, perché non ci sarà mai una riabilitazione totale, come per Freud l'analisi è sempre interminabile - la paura di poter tornare in guerra, di poter tornare soldato, di ritornare ad esse l'altra persone che era stata deve averlo devastato. Sono mondi che facciamo fatica a capire. Dopo neanche un secolo noi siamo ancora a pensare se l'Olocausto non fosse stato da completare, si inneggia a Mussolini e Hitler nelle piazze, in qualche decina d'anni noi abbiamo dimenticato l'Orrore con la O maiuscola, ma in quei mondi non si dimentica nulla perché l'Orrore è presente ogni giorno.
Si vive duramente, si muore facilmente, guerre faide o omicidi un bambini li vedrà sicuramente, fino a caderci dentro, e non c'è spazio in un mondo così per il facile moralismo da tastiera che a noi piace tanto. Anche salvarsi diventa un sacrificio.
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