Stato lettura: LIBRO CONCLUSO IL 25/03/2013 Voto:
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Per gli aborigeni australiani, la loro terra era tutta segnata da un intrecciarsi di «Vie dei Canti» o «Piste del Sogno», un labirinto di percorsi visibili soltanto ai loro occhi: erano quelle le «Impronte degli Antenati» o la «Via della Legge». Dietro questo fenomeno, che apparve subito enigmatico agli antropologi occidentali, si cela una vera metafisica del nomadismo. Questo ultimo libro di Bruce Chatwin, subito accolto con entusiasmo di critica e lettori quando è apparso, nel 1987, potrebbe essere descritto anch’esso come una «Via dei Canti»: romanzo, viaggio, indagine sulle cose ultime. È un romanzo, in quanto racconta incontri e avventure picaresche nel profondo dell’Australia. Ed è un percorso di idee, una musica di idee che muove tutta da un interrogativo: perché l’uomo, fin dalle origini, ha sentito un impulso irresistibile a spostarsi, a migrare? E poi: perché i popoli nomadi tendono a considerare il mondo come perfetto, mentre i sedentari tentano incessantemente di mutarlo? Per provare a rispondere a queste domande occorre smuovere ogni angolo dei nostri pensieri. Chatwin è riuscito a farlo, attirandoci in una narrazione dove i personaggi, i miti, le idee compongono un itinerario che ci guida molto lontano.
Splendido...quasi. Anche in questo libro Chatwin rovina tutto alla fine. Ti aspetti una conclusione,riguardo le vie dei canti degli aborigeni, e invece molte pagine del finale sono occupate da appunti che non hanno molto interesse, e la fine della sua permanenza in Australia è abbandonata... peccato. Resta comunque certo che è un libro non facile, denso di appunti e note, non un vero e proprio resoconto di viaggio ma neanche un trattato socio-antropologico. A parte questo, il resto del libro è un capolavoro. Emoziona, rattrista, coinvolge. E soprattutto inquieta. Inquieta la storia di questo popolo, inquieta la loro cultura, inquieta il loro infausto destino, inquieta che tuttora nessuno se li fili preferendo i più fotogenici indiani (americani).
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