gio 05/06/2025 | RSS | Menu

PASSAGGI A ORIENTE

Fitzroy Maclean

Uno tra i membri fondatori del leggendario SAS - il Reggimento - questo libro di Fitzroy Maclean è nella mia lista desideri da molti, molti, moltissimi anni. Oggi finalmente l'ho trovato e acquistato; in realtà usato lo trovavo anche saltuariamente su eBay ma a prezzi folli (si parla di almeno 60 €) mentre ora che sono diventato giocoforza un utente Vinted l'ho trovato a un costo ragionevole, perché sappiate che l'usato su Vinted non si vende ma si svende. Così, finalmente potrò leggere questo libro introvabile e capire se ne è valsa la pena, non sapevo sinceramente cosa aspettarmi perché ne scoprii l'esistenza anni fa ma da allora non ricordo più il motivo per cui continuai ad attenderlo con foga.
Personaggio di stile romanzesco, Fitzroy amava viaggiare ed amava l'avventura, pare quasi che la Seconda Guerra Mondiale gli sia capitata a fagiolo ed il modo in cui la narra acuisce questo sospetto perché viene a mancare l'elemento tragico, o meglio se ne sta come una comparsa minore nelle retrovie, e non è da criticare come scelta perché una guerra è tante cose, tantissime, e la tragedia sebbene ne sia la principale e la più emotivamente toccante è solo una parte. Perché comunque di questo tratta questo libro, di guerra, o meglio di lui nella guerra. Se Ernst Junger viveva la guerra appieno ed era a tutti gli effetti un combattente che non aspettava altro mentre secondari erano gli altri aspetti quali il filosofeggiare e l'entomologia che praticava anche in battaglia dentro la trincea, nel caso di Fitzroy McLean abbiamo una guerra che accade e lui semplicemente i suoi interessi li riadatta alla situazione, come una pittura acquistata per uno scopo che però viene a mancare e ormai il barattolo è aperto. Inoltre non è propriamente un guerriero, bensì uno stratega, e su questo tema si incentra, sostanzialmente, il libro, che non un libro di viaggio né propriamente un libro biografico bensì un libro di memorie sulla guerra e su certi aspetti in particolare, quelli vissuti in prima persona da MacLean.
C'è una prima parte che è sostanzialmente narrazione biografica di viaggio ma nella realtà un preludio alla guerra: dislocato nell'URSS appena fondata/presa/rapita/dominata da Stalin, Fitzroy elabora trucchi e inganni per poter eludere da un lato il suo lavoro politico, dall'altro il controllo dell'NKVD e viaggiare libero nell'Asia centrale in quegli ultimi tempi in cui essa risultava essere ancora un mistero. Scopriamo Samarcanda e Buchara quand'erano villaggi o città derelitte, ma anche l'Armenia russa e il Pakistan quando non era Pakistan ma ancora solo India, però nel frattempo con la coda dell'occhio seguiamo il crescere del regime di Stalin e le grandi caotiche e insensate purghe alla popolazione come pure ai suoi stessi gerarchi mentre le tensioni internazionali crescono pian piano. Questi accadimenti sono messi lì come a formare un sostrato sul quale giacerà ciò che leggeremo nella terza parte. McLean letto dopo Thesiger fa scendere qualche lacrima perché mentre l'Asia e il Medioriente sono qui ancora posti piuttosto misteriosi, vi si incontrano tracce di civiltà industriale che danno l'idea che il mondo di Thesiger sia ormai scomparso da molti eoni.
La seconda parte è dominata dalla guerra ora non più né preludio né cornice, è scoppiata ed infuria la battaglia su tutto il mondo conosciuto. E' ora la guerra stessa che come un fiume in piena lo fa viaggiare, Fitzroy ha solo scelto di arruolarsi e il resto vien da sé. E' il momento del suo ingresso nel neonato SAS di David Stirling, è il momento dell'apice della Seconda Guerra Mondiale con i tedeschi che sembrano imbattibili ed avanzano su ogni fronte, è il momento delle grandi battaglie nel deserto e qui si muove MacLean quasi contento che vi siano impegni bellici che gli permettono di attraversare il Sahara, arrivare nella remota e isolata Siwa, viaggiare in auto fino a Kufra tra gli enormi cordoni di dune che io in queste pagine ho ricordato e riconosciuto con insopportabile nostalgia. Fa ridere, a tratti: sembra Nick Stone, ogni piano è ben congegnato ma fallisce ancora prima di iniziare! Fanno rabbia e pena gli italiani, sostanzialmente degli sfigati ma estremamente violenti, forse ancor più proprio a causa della loro stupidità. Successivamente Maclean riattraversa il Mediterraneo mentre la Guerra raggiunge quell'apice da cui non si può fare altro che scendere rovinosamente, e mentre a farlo sono i nazisti, lui raggiunge la Jugoslavia per aiutare Tito a combatterli seguendo il ragionamento di Churchill secondo cui "il nemico del mio nemico è mio amico".
Proprio la terza parte ovvero quella in Jugoslavia, la parte "balcanica", se da un punto di vista storico è la più interessante, da quello narrativo è la più stancante poiché Fitzroy si perde in pagine e pagine di ricostruzione della situazione storica, sociale, politica e strategica della Jugoslavia e dei partigiani di Tito nonché su ciò che lui è stato mandato a fare in quella terra, analizzato fin nei minimi dettagli strategici. Le sue analisi sono puntuali, interessanti, obiettive sebbene il punto di vista sia (ed esplicitamente) il suo per cui rimane una ricostruzione biograficamente interpretata, purtuttavia non era ciò che mi aspettavo da questo libro né che avrei immaginato dopo aver letto le prime due parti. Abbiamo una spaccato della figura di Tito, la sua storia, la sua personalità, i suoi ideali, ma - ripeto - diventa difficile perché diventa statico. Non accade nulla. Dopo una lunga riflessione sul popolo jugoslavo e la sua storia comincia infatti la narrazione biografica di ciò che lui è andato a fare e ciò che pensa e fa ma, nella sostanza, è un ricorsivo elenco di spostamenti e persone che incontra senza mai arrivare a nulla, farcito di dettagli strategici e politici; non ci sono battaglie, non ci sono azioni, non ci sono città, ruderi, se non accidentalmente, anche la descrizione dei luoghi che attraversa è sbrigativa mentre ciò che ci resta è il tentativo di elaborare una strategia che si dilunga per 300 pagine tra camminate, mangiate, dormite, bevute, discussioni, nomi. A Hvar sono stato, a Korcula pure, ma non vi ho trovato nulla in questo libro se non persone, dormite, pasti, balli, a tratti gli sfugge che vede belle ragazze e ho fatto una fatica immane per non saltare paragrafi che mi portavano allo stremo per la puntigliosità di queste riflessioni comunque itneressanti.
E' un libro grosso, sono circa 650 pagine di avvenimenti ma narrato con un piglio molto acceso e a tratti divertente, privo di giudizio ma sempre piuttosto obiettivo, è il punto di vista non solo di un soldato ma anche di un leale servitore dell'Impero, nonché di una persona che sa di stare dalla parte giusta e non si fa tante domande sul perché e sul percome. Si, l'attesa non è stata vana, è un gran bel libro e merita di essere letto, c'è una visione storica di quel periodo totalmente diversa da quella che possiamo leggere sia nelle altre biografie sia nei romanzi, è una visione attiva, priva di elucubrazioni mentali, a tratti incredibilmente semplice ma mai semplicistica, un punto di vista come oggi non si può più fare; non mi era mai capitato di leggere qualcosa con un simile impianto mentale. E' come se Fitzroy Maclean dicesse: "I nazisti sono cattivi e punto, non c'è da ragionarci sopra, quindi in un modo o nell'altro vanno annientati; se poi questo comporta viaggiare per il mondo, tanto meglio". Rimane interessante e profondo anche quando diventa pedante e lento, forse ancora più per me che ricordo da bambino quando si andava in Jugoslavia e la popolazione non aveva nulla, nascondevano succhi di frutta e Coca Cola nel fondo della barca per regalarli alle persone, ricordo di quando a Pola chiesi un succo di frutta in un bar e l'unica cosa che potevano darmi a parte la Radetzska era una spremuta di more in un bicchiere da mezzo che attirò immediatamente tutte le vespe che c'erano in Croazia, ricordo le strade malridotte, l'odio nel confronto degli italiani che ora posso spiegarmi ancora meglio andando oltre la semplice invidia. Abbiamo avuto, noi friulani, la Jugoslavia di Tito poco oltre il muretto di casa ma sinceramente ne sappiamo troppo poco, e questo libro ci aiuta a capire tante cose perché non è la semplice storia ovvero un elenco di fatti, ma la storia di popoli e persone.
Purtuttavia, questa terza parte jugoslava che occupa metà dell'intero libro è lenta e pesante, sicché più che un "passaggi ad oriente" si può parlare di "passaggi balcanici" perché le altre due parti possono essere intese come anticipazioni.
Una sola cosa mi ha disturbato, e tanto: l'introduzione di Malatesta. Spocchiosa e saccente, tipicamente italiana. Saltatela e vi farete un favore.

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    NOTA BENE | le recensioni di libri qui presentate sono esclusivamente frutto del mio gusto personale che inoltre è anche contestualizzato al periodo in cui mi trovo a leggere quel determinato libro. Ciò che io dico potrebbe non andare bene per voi, il mio consiglio è di leggere anche altre recensioni online, ma allo stesso tempo di lasciarvi ispirare dalla sensazione ingiustificata che il nome di un autore, il titolo di un libro, una copertina, la fedeltà a una casa editrice o il consiglio di un librario possono suscitarvi. E' così che io perlopiù scelgo un libro. Per quanto riguarda i voti, anch'essi relativi, si consideri che bene o male un libro brutto è sempre meglio che una bella serie in tv, perché i libri avranno sempre una cosa in più: tacciono.

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