Clancy è forte, i suoi libri mi piacciono, non hanno particolarità se non la cura dei dettagli riguardo strategia, tattica e prassi dello spionaggio e degli affari bellici. L'uomo conosce l'argomento quindi c'è sempre qualcosa da imparare dai suoi libri, anche a livello geopolitico. Mi ha fatto specie, pur essendo un libro data, quando i servizi interni USA valutano le possibili recrudescenze della crisi e gli scenari che potrebbero aprirsi, si dice infatti che c'è la possibilità che il Giappone si allei con la Corea del Nord in caso di scontro. Pare assurdo, è veramente una possibilità realistica? Clancy valuta vari argomenti e alla fin fine può non sembrare una possibilità così remota, del resto si parla di possibilità sebbene nel libro venga valutata come una tra le possibilità più probabili. Nella realtà è piuttosto improbabile ma il romanzo è vecchio e si evidenzia un rapporto tutto diverso dall'attuale con la Corea del Nord. Rimane comunque improbabile ma nel caso di crisi violenta sarebbe una possibilità da considerare; del resto i giapponesi sono teste calde e io dico sempre che di loro è meglio non fidarsi del tutto.
C'è un momento in cui Clancy rivela (e non è un caso nei suoi libri) una profondità inaspettata. Quando ad inizio libri la crisi avviene inaspettata, nel bunker della casa bianca si prendono le prime decisioni sui possibili risvolti. Clancy lascia che il generale tentenni su un eventuale possibile intervento armato preventivo in Corea del Nord e dà la spiegazione: sono i politici a non avere remore a scegliere la guerra, perché il loro è un calcolo politico, sinonimo di "opportunistico", personale o collettivo che sia, in buonafede o malafede; i vertici delle forze armate invece non sono così propensi a scegliere la guerra perché sebbene abbiano o possano avere interessi in merito, essi hanno un contatto più diretto con il personale ovvero la truppa e sanno che è questa truppa che, in caso di decisione, viene mandata sul campo a combattere e alcuni anche a morire. Cito Clancy in due passaggi:
"Non erano mai i militari ad auspicare il ricorso alla forza, ben consapevoli del prezzo di un'azione bellica anche se coronata dal successo. Erano sempre i politici e i funzionari a sentirsi impazienti di fregiarsi di una vittoria, qualunque fosse lo scotto da pagare. [...] Gli ufficiali erano gli ultimi a consigliare il ricorso alla forza. Se lo facevano, pretendevano di essere informati in modo chiaro e preciso sulle strategie di evacuazione per le proprie truppe.". Chiaro che non è sempre così, nel libro sono ufficiali che organizzano l'attentato e vogliono la guerra, ma è il pensiero che ne emerge che è importante. Nei film solitamente è il contrario, perché nei film le figure singole diventano caricaturali della figura oggettiva; quindi, il politico è
sempre e solo opportunistico e il militare è
sempre e solo guerrafondaio; un film è per sua natura immensamente più limitato anche del libro più banale perché, ad esempio, non ha le voci fuori campo. Ed ecco perché, come dico sempre io, un libro insegna sempre, per quanto possa essere un romanzo "popolare" avrà sempre molto più da dire e a insegnarci rispetto a un film. Questa situazione, ad esempio, potrà sembrare paradossale ma è proprio ciò che sta accadendo tra Russia e Ucraina: il presidente russo, l'attaccante, non si preoccupa della sovranità violata, dei civili uccisi, dei propri militari falcidiati, è una scena fuori dal suo campo visivo; il presidente ucraino, l'attaccato, non essendo un militare non si rende conto che esiste la "resa" perché per lui una guerra si vince o si perde, la resa è fuori del suo campo visivo. Non sto facendo polemica, ciascuno può interpretare le cose come vuole (tranne negare che c'è stata un deliberato e ingiustificato attacco a uno stato sovrano del suo territorio!) ma era tanto per esemplificare. Si può anche considera il bellissimo libro
Uragano Rosso, sempre di Clancy che è l'unico, forse, che riesce a mostrare bene come una guerra può nascere. Sebbene la causa scatenante, l'attentato, sia un po' fragile, il modo in cui porta avanti il crescere e l'esplodere delle ostilità è fenomenale e sembra un'applicazione in narrativa dei principi di Clausewitz. L'unico che gli si avvicina è
Ken Follett in Per Niente al Mondo ma Follett è troppo dotto nello scrivere e dopo un inizio grandioso perde un sacco di occasioni narrandoci tutti da "dietro gli schermi", non dal campo di battaglia; Clancy è un cazzone che scrive come scriverebbe un militare operativo, in questi casi mi piace di più.
C'è da dire tuttavia che in questo libro ci sono troppe vicende troppo spezzate con troppe persone in troppi brevi paragrafi. Ha voluto inserire troppe storie a cornice dell'avanzare della crisi, ha senso per dare un'idea del mondo reale che soggiace a quello degli intrighi spionistici ma è tutto un po' troppo frettoloso. I capitoli durano 2/3 pagine al massimo arriveranno a 5 pagine e ciascuno ha un'inquadratura diversa con vicende inconcludenti, si passa dalla Casa Bianca alla sede dell'Op-Center, da Seul alla Zona Demilitarizzata, dalla Corea del Nord a una base americana in Corea del Sud, da Hood a Gregory, da Hwan a che cazzo altro so io ed è un vero casino riuscire a seguire tutto quanto mentre la prospettiva cambia di continuo. Ho concluso il libro ma giuro che a volte mi perdevo e ho iniziato a riconoscere i vari personaggi solo una volta superata la metà. Ovviamente, arrivando alla fine vengono introdotti tutta una serie di colpi di scena (ed alcuni sagacemente inaspettati) che portano all'estremo questa frammentazione letteraria cosa che io non sopporto. E' un bel libro, scritto con intelligenza e conoscenza dell'argomento, ma si è lasciato un po' andare nel voler aggiungere eccessive micro-storie interne tant'è che perde il ritmo pure lui e ne esce un gran casino che si risolve per puro caso...
Questo sito l'ho realizzato io e quindi è proprietà intellettuale mia e non ne concedo alcuna autorizzazione.
Visitando il sito si sottintende la presa visione della Privacy policy
CONTATTI: info[at]bostro.net
Aggiornamenti via | Torna in cima