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filosofia | riflessioni |
Inserito in DATA: 04/11/2015 | Vai ai
Questa digressione nacque nel 2008 in seguito all'invio di una simpatica vignetta sulla differenza di prospettiva comportamentale, e di risultati soprattutto, tra la scienza e la fede, vignetta che trovate in questa pagina in coda (apri).
Il De Mauro definisce così la contraddizione: "rapporto di antitesi tra un’affermazione
e una negazione aventi lo stesso soggetto e lo stesso predicato".
In pratica, la contraddizione dice l'impossibile. Dice che esiste una cosa che non può esistere. In linguaggio teoretico, dice che il non-essere è.
Un esempio: se dico "l'acqua è asciutta", io verbalizzo una
contraddizione. Infatti l'acqua è, per sua stessa definizione, bagnata,
ovvero non è asciutta. Per sostituzione, come in matematica con le
variabili, ottengo: "L'acqua, che non è asciutta, è asciutta". Io dico
che il non asciutto è asciutto, ovvero conferisco esistenza all'essere
asciutto del non-asciutto.
Ogni contraddizione è sempre una contraddizione dell'essere.
La sentenza "l'essere è, il non essere non è", sebbene semplice
nella sua forma, è invece notevolmente complessa nella sua applicazione.
Per fare un esempio: nel corso del suo tempo l'uomo nasce e muore. Ciò implica che
prima di nascere, un uomo non è ancora; e che dopo la sua morte, non è
più.
Come può essere? Come vanno intesi il "non ancora" e il "non più"? I
filosofi si sono da sempre scontrati col problema della contraddizione
nella sua forma base, quella dell'essere in sé, poiché qualsiasi contraddizione si verbalizzi è sempre nella sostanza una contraddizione dell'essere, è sempre il conferimento di essere al non-essere. Si verbalizza che c'è una cosa che non c'è.
Io all'università sono stato allievo del Prof. Severino celebre per aver difeso strenuamente la tesi che in nessun modo il non-essere è, e non può essere. Questo
implica, a rigor di logica, che una cosa non può non essere, neanche nel
senso di "più" o "ancora". Per cui tutti gli enti (le cose, dal latino
"ens", "ciò che è") sono eterni; poiché sono, non possono non essere, né
"più" né "ancora". Sebbene ciò non cambi nulla nella vita di tutti i giorni, è una questione di
interpretazione ed il linguaggio deve tenerne conto.
Un esempio classico di Severino è sempre stato il legno che brucia: a rigor di logica il legno non può non-essere-più-legno dopo essere bruciato, sebbene alla fin fine se gli diamo fuoco il legno brucia comunque.
Per Severino è nel linguaggio che la contraddizione
emerge in Occidente, a causa dell'interpretazione del divenire (gli enti
nello scorrere del tempo) come "oscillazione tra l'essere e il non
essere", ovvero nel ciclo che dal non-ancora porta al non-più. Questa
contraddittorietà del divenire, riflessa nel linguaggio, poiché è
alla base di ogni ragionamento, imprigiona nell'errore tutta la nostra
civiltà, il cui senso è dunque sbagliato in quanto si fonda su una
interpretazione originaria errata per il fatto che la nostra civiltà è linguaggio, conosciamo il mondo per come lo descriviamo.
Wittgenstein, chiaro e sintetico come sempre è stato (è stato?), intendeva la
stessa cosa quando diceva che il problema filosofico principale è "individuare lo stato civile della contraddizione".
Lasciamo in sospeso questo discorso e parliamo ora di religione.
Sempre il De Mauro la definisce come "insieme di credenze, pratiche,
atti di culto e sim., che esprimono il riconoscimento da parte degli
esseri umani di un principio superiore, spec. della divinità". Il
principio di cui si parla qui va inteso come principio assoluto: ciò che
dà un senso a qualcosa, che dà significato, che dà la stessa esistenza.
Se una cosa si intende come "ens", il principio è la "essentia", ovvero
è il fatto per cui qualcosa è.
E' stato San Tommaso (gran filosofo nonostante tutto) a formulare nel miglior modo
questa distinzione nella sua splendida opera ("essenziale" per lo
studio della filosofia teoretica) "Ens et Essentia". La essentia fondamentale nel
cattolicesimo è Dio stesso: Dio è il principio assoluto. Per questo
esso è l'essere stesso. Il cattolicesimo ha infatti la peculiarità di
basarsi su una teologia, ovvero su un fondamento razionale, filosofico.
Non è una semplice fede: il cattolicesimo si oppone al fideismo o l'agnosticismo. Di Dio, per il cattolicesimo, si ha conoscenza anche razionale altrimenti, del resto, non
si giustificherebbero le varie "prove razionali" dell'esistenza di Dio
formulate nella storia.
Ricollegandoci al discorso della contraddizione, quando una
affermazione si pone dunque in contrasto con la teologia, si pone in
contrasto con Dio, ovvero con l'essere; per cui questa affermazione
diventa contraddittoria. Non solo "l'acqua è bagnata", dunque. Qualsiasi
affermazione si ponga in posizione antagonistica al sapere che riguarda
Dio, è contraddittoria.
Contrapporsi a Dio è contrapporsi all'essere ovvero attestare che il non-essere è.
Si noti che sebbene nel cattolicesimo questa struttura sia
esplicitata, il discorso è valido per ogni religione di stampo
monoteistico. Non è valida, ad esempio, per il buddismo, perlomeno in
linea di principio, poiché nel buddismo non c'è un Dio. Nel buddismo non
si può parlare di contraddizione, si parla invece di semplice sbaglio,
di mera condotta errata. Tuttavia anche il buddismo ha dei dettami ben precisi riguardo la condotta e il Buddha e quindi potremmo dire che è un discorso lasciato un po' nel dubbio quasi apposta. Nell'ebraismo il discorso è più complesso,
poiché lì la religione si identifica col popolo. Indagini filologiche
sul vecchio testamento hanno messo in luce come il loro monoteismo sia
particolare: all'inizio della Bibbia non c'è un solo dio in assoluto, ci sono
inizialmente vari dei (Elohim, plurale), dei quali uno (Jahve) crea un
uomo/razza (Adam) che in seguito diventerà il suo popolo prediletto
(Israel). Non c'è contraddizione a pensare altri dei, semplicemente dal
punto di vista di Israele non hanno importanza, non sono degni di nota;
sono dei minori.
Questo ovviamente a livello concettuale; sinceramente nutro seri
dubbi che il politeismo così inteso possa ancora sottrarsi alla logica
della contraddizione, ma lasciamoglielo credere se sono contenti.
Ora, tornando al cattolicesimo, se Dio è l'essere e credere in dio
significa pensare l'essere stesso, il non credere in Dio, o il fare
differentemente dai precetti di Dio, significa togliersi dal campo
dell'essere, ovvero porsi nel non essere. Dire "io non credo in Dio" all'interno del discorso cattolico è lo stesso che dire "in non credo
nell'essere", ovvero "io credo che l'essere non sia".
Si è in contraddizione.
Questo perché il concetto di Verità si indentifica con quello di
Dio e derivazioni connesse. Dio è il "positivo", in termini tecnici
filosofici. Da cui le espressioni "Dio è verità" e simili.
Il motto del fumetto allegato, dunque, "Ignore contradicting
evidence" non è propriamente vero: non si ignorano le contraddizioni, ma
le si affermano saldamente, poiché se una teoria va contro i dettami
religiosi, non è che la si ignora ma è la teoria stessa, da quel punto
di vista, in contraddizione!
Corretto dal punto di vista logico invece il punto di vista della
scienza (sempre nello schema), in cui una teoria non è "vera" in senso
assoluto, ma è semplicemente "attualmente non falsa", "per ora utile", "temporaneamente funzionante".
Una teoria è sempre falsificabile (è questa la teoria di Popper) a
favore di una successiva più completa. Questo perché dal punto di vista
della scienza non c'è un Principio assoluto, oltre alla pura logica
linguistica, da difendere. Anche nella scienza non può esserci il non-essere, nessuno potrebbe attestarlo razionalmente, ma il non-essere è la teoria che non funziona, è la mancanza della sperimentabilità, è la tesi senza contraddittorio.
La domanda migliore al cattolicesimo (ripeto: ampliabile anche ad
altre religioni, e/o ideologie) l'ha posta ancora una volta Severino: se
il cattolicesimo rifiuta sia il fideismo (far leva solo sull'atto di
fede) sia il razionalismo (far leva solo sulla ragione), rifiuti questi
esplicitati nel cattolicesimo - se è così, come il cattolicesimo
giustifica l'armonia di Fede e Ragione? Armonia difesa questa da San
Tommaso, e ribadita persino da Giovanni Paolo II con la sua enciclica
"Fides et Ratio".
Infatti, questa armonia può essere difesa solo dal punto di vista o
della fede o della ragione, quindi o col fideismo o col razionalismo,
tuttavia esclusi da principio come fondamenta.
Un'altra contraddizione. Se Dio è l'essere, e il non-essere non è,
cos'è il male? La risposta canonica cattolica è che il male è "assenza di Dio", è
mancanza, è un vuoto. Ma il Diavolo, allora, esiste o no? Da un lato
si, poiché la Chiesa dice che Satana esiste -sennò non potrebbe creare
causalità, quali la possessione demoniaca -, dall'altro no, poiché col
termine "Demonio" si dovrebbe intendere semplicemente una mancanza. Rimuovere il fideismo o il razionalismo rimuovono una risposta a questa domanda.
Meditate.
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