Basta. A metà ho detto basta. Non sono più fatto per i libri di Severino. L'ho studiato troppo per poter digerire i suoi libri per quello che lui pensa possa essere il grande pubblico, e invece siamo sempre noi: i suoi studenti. Dopo i libri principali, anzi, dopo Ritornare a Parmenide i suoi libri sono tutti uguali. Ci si potrebbe dire: certo, è il tema della sua filosofia. Ma non è proprio
solo così: Severino infatti, in ogni libro, riprende temi già trattati e li prolunga per pagine. Non è il caso: se vuoi fare un libro di filosofia specialistica, devi dare per scontati i temi precedenti; se vuoi fare un libro di divulgazione, devi semplificare. Lui non fa nessuna delle due cose. E così in ogni libro ti ritrovi paragrafi interi di citazioni in greco, sempre quelle, sempre le stesse, non direttamente pertinenti al tema del libro. Sarà che ormai oltre ad essere fuori dal mondo della filosofia, ne sono ancora fortemente nauseato per via della volgarizzazione che ne viene fatta in tv grazie anche ad alcuni di questi elementi (vedi quel buffoncello primadonna di Fusaro, o quel pesantissimo noiosissimo Galimberti). Certo è che quando ho cominciato a leggere questo libro non ne potevo più già dopo qualche riga, pur comprendendolo perché a suo tempo lo studiai approfonditamente per via anche dell'argomento della tesi (Severino ha una predilezione per il linguaggio, ove del resto si annida la contraddizione, che a mio avviso non è stata mai ben sviluppata). E' un libro molto tecnico ma sviluppato proprio male. L'unica cosa buona è che Severino rimane coerente con se stesso e non vuole fare il personaggio: continua a pensare alla filosofia in termini seri e non mediatici, non gli interessa diventare un personaggio né fare un libro pieno di detti e aforismi utili per i giornalisti.
Severino non è mai stato uno interessato a promuoversi: è interessato solo ad applicare il suo schema filosofico. Sotto questo aspetto, rimane l'ultimo grande filosofo.
Un giorno tornerò a questo libro, forse. Il mio giudizio è più relativo a me, che a Severino stesso, che rimane una persona di un'intelligenza immensa.
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