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Le Giornata del Bostro 08/10/2017

Introduzione

Le Giornate del Bostro sono le giornate che dedicavo solo a me stesso. Cellulare staccato, amici ignorati o tenuti all'oscuro di tutto, partenza con calma al mattino e giornata passata a correre in moto su e giù per i monti solitamente con una pausa panino e birretta, oltre alle cicche che invariabilmente fumavo dopo aver cercato posti isolati per fermare la moto e sgranchire le gambe.
CATEGORIA GALLERIA: DA SOLO
Le giornate del Bostro 08/10/2017
Le Giornate del Bostro sono le giornate che dedicavo solo a me stesso. Cellulare staccato, amici ignorati o tenuti all'oscuro di tutto, partenza con calma al mattino e giornata passata a correre in moto su e giù per i monti solitamente con una pausa panino e birretta, oltre alle cicche che invariabilmente fumavo dopo aver cercato posti isolati per fermare la moto e sgranchire le gambe.
Fino all'altro ieri potevo dire che le Giornate del Bostro ERANO ciò che ho appena descritto. Ma stamattina mi sento contento e posso usare tranquillamente il presente.
Ieri ho preso la giornata per me soltanto, o meglio, io e la mia moto e chiusa baracca. Telefono con suoneria staccata, pieno al serbatoio, e sono partito per fare un mio giro piuttosto classico ma sempre bello.
Da tre o quattro anni vado in moto sempre meno. Vado al bar, ai motoraduni, in ferie, ma non faccio più giornate con 3-400 km di moto. La domenica, unico mio giorno libero, sono sempre stanco, ed è l'unica giornata in cui non ho una sveglia per cui partire al mattino è praticamente impossibile perché preferisco, una volta a settimana, svegliarmi, fare colazione e leggere con calma. E' stato un "Giro della Memoria". Ormai le mie giornata in moto di questo tipo sono così poche, che quando le faccio giro per strade che non fanno altro che ricordarmi cose. E' stato un giro della memoria, però, anche perchè sono passato per Longarone e la Diga del Vajont il giorno dopo sarebbe stato l'anniversario del disastro, 9 ottobre 1963.
Dopo 300 km e tantissime curve e tornanti, freddo, e una schizzata di pioggia, sono arrivato a Codroipo e mi sono bevuto una birra da Nunzia e mi sono sentito incredibilmente soddisfatto.
E' stata una gran tirata in moto, e un viaggio nel mio passato motociclistico perché erano tutte strade piene zeppe di ricordi a tal punto che a volte ne restavo quasi sopraffatto e infatti fino a Casera Razzo sostanzialmente non ho neanche mai appoggiato i piedi a terra.
PASSO REST
E' il mio vecchio amico. Agli albori della mia vita motociclistica è il primo passo che ho fatto da solo. Avevo appena preso la moto, la primavera era arrivata e dopo un giro con un amico mi ero reso conto di non saper fare i tornanti. Non ero mai andato in montagna, da anni studiavo e basta, non sapevo neanche che cazzo era quel tipo di curve. Per cui decisi di scovare un passo che nessuno citava mai per andarci da solo: trovai per caso questa strada. E trovai un tesoro. Strada sporca e rovinata, tornanti strettissimi e chiusi, insomma l'inferno degli smanettoni della domenica, ed infatti in quel passo difficilmente troverete altre moto. L'ho fatto tantissime volte e la maggior parte dlele volte da solo: l'ho fatto passando i cartelli che lo davano per chiuso, l'ho fatto in inverno con la neve in cima, d'estate per cercare refrigerio, l'ho fatto con la pioggia e con la nebbia fitta, l'ho percorso da triste, da felice, da spensierato, e per questo posso dire che il Rest è mio amico; anzi, è semplicemente MIO.
Da Tramonti di Sotto la strada scende e prosegue verso i monti come un drittone degli USA, tranne che in realtà poco dopo i monti sovrastano il piccolo uomo come giganti di pietra. Lontano, sul Monte Rest, l'alto pianoro erboso in cima sta già ingiallendo e morendo.
Del Rest adoro tutto, la salita e la discesa e fatte in ordine da sud a nord soprattutto, e adoro la strada che vi porta perché il godimento del fare questo passo parte in realtà già da Sequals, con la magnifica strada che porta a Meduno, con il letto del Meduna che poi diventa il Lago di Redona, con i due abitati di Tramonti di Sotto e di Sopra sempre così pacifici e tranquilli come fossero estranei al resto del mondo.
Incrocio solo una fastidiosissima coppia di scooteristi con tute in pelle che vanno a venti all'ora e che, quando vado a superarli, mi chiudono in maniera piuttosto plateale, prima uno e poi l'altro al sorpasso dopo a togliere ogni dubbio sul fatto se l'avessero fatto per sbaglio.
Li incrocio all'inizio della discesa e fortunatamente il panorama cancella subito il fastidio: la discesa del Rest è maestosa perché ti trovi in cima al monte che scende ripido e in fondo sotto la tua moto vedi lontana e piccola la striscia bianca del Tagliamento che in pochi km però raggiungi fino a calpestarne il letto.
PASSO PURA
Vecchio amico solitario, ho ricordi di pranzi con amici che non vedo da tanto e sfortunatamente uno non c'è più, ricordi di multe della forestale, ricordi di averlo percorso di notte col gelo da solo e fu un'idea veramente malsana con la moto che sobbalzava per via dei sassi che c'erano sull'asfalto e che io non riuscivo a vedere. La malga e il Tita Piaz sono chiusi, volevo bermi una birra lì ma niente da fare. Non incrocio nessuno, se non - come dall'inizio del giro - auto parcheggiate e minchioni con vestiti sgargianti e racchette che vanno a camminare in montagna con fascie al bicipite per lo smartphone, orologi digitali, cardiofrequenzimetri, tablet col gps, e una tonnellata di dose di sfiga e idiozia nello zaino perché nel cervello non ci stava più.
SAURIS
Passato il Pura atrtaverso l'imponente diga e mi dirigo verso Sauris: il cielo è ancora pulito ed azzurro ma fa fresco, in cima ai passi l'aria beccava e ora salirò ancora di più e farà più fresco.
Mentre salgo verso I SAURIS non so ancora, e medito su, cosa farò dopo. Pensavo di fare la Val Pesarina e poi scendere a Ovaro e da lì a Ravascletto fare la Panoramica delle Vette, però sono un po' tardi e se è chiusa non saprei che fare... L'alternativa, che mi solletica perché non faccio da tanto, è scendere verso Longarone. Il giorno dopo sarà l'anniversario del Disastro del Vajont e pare una coincidenza troppo forte per non darle peso. Sono sempre stato attratto dalle coincidenze: non ci trovo nulla di soprannaturale, ma di solito - essendo comunque avvenimenti interessanti - le sfrutto per lasciarmi trasportare verso qualcosa di imprevisto e ci medito sopra. L'imprevisto a me fa bene, perché io sono un calcolatore nato e di continuo elaboro piani e strategie e situazioni su ogni cosa che faccio, inevitabilmente rovinandola.
Comunque ho tempo, perché la salita non è breve. Mi godo le curve infinite per arrivare agli abitati di Sauris, fossi partito prima avrei potuto mangiare qualcosa da Wolf come facevo tanti anni fa ma non ho più la serenità e l'età per svegliarmi presto la domenica, e lo spaccio è ormai chiuso. Salgo a Sauris di Sopra e rimango interdetto da un cartello di divieto, ma poi vi leggo che la strada di Sella Razzo è aperta. In cima c'è un cartello di divieto verso la Val Pesarina: ancora attuale o no non lo so, ma ormai è deciso, panino Losco e via a Longarone.
PANINO LOSCO
Il panino Losco lo potete mangiare esattamente qui, Rifugio Ciampigotto mi pare. E' un panino con la salsiccia e un formaggio di malga tagliato grosso e scottato, molto puzzone e saporito, che si chiama appunto Formaggio Losco. Il pastore che teneva le bestie e lo faceva era appunto una figura strana e inquietante, da qui il nome; perlomeno così mi raccontarono qualche anno fa in quel rifugio. Comunque, panino anche questa volta trionfale. Ci rimango un po', perché sono ancora ingenuo, per il prezzo: 9,50 euro un panino salsiccia e formaggio e una birra da 0,4 alla spina. Sono 19.000 lire dio boia. Il bello, comunque, è che ai tempi della Lira un panino salsiccia e formaggio e una birra grande comunque costavano MENO di 9.500 Lire!!! Vabbé, non dico nulla, pago e quando ripasserò di lì lo comprerò di nuovo, se costa così, vuole dire che per gestire il rifugio hanno bisogno di farlo pagare così. Oggi sfortunatamente tutto costa, ma perché la maggior parte del prezzo non va in tasca di altri se non DEI ROMANI. Dio boia.
CADORE
La discesa da Vigo di Cadore a Longarone è una merda. La strada sembra un'autostrada, è iper-trafficata, passi un sacco di paesi che si chiamano "XXX di Cadore" uno più inutile dell'altro, tutti corrono ma tutti di colpo inchiodano per via di qualche autovelox... Non fosse per la bellezza del letto del Piave scavato tra i monti, e per i ricordi che ho di una discesa di questa strada, mi annoierei ancora più di quanto mi sono annoitato. L'arrivo a Longarone cancella però tutto: di colpo vedi questo paese adagiato in una conca, sulla sinistra c'è una spaccatura tra i monti che man mano che ti avvicini si apre piano piano, e quando si apre a sufficienza intravvedi altissima la Diga del Vajont, la Diga della Vergogna.
Mi fermo un po' ai margini del Piave a guardare la diga: è domenica 8 e domani, lunedì 9 ottobre 2017, ci sarà l'ennesimo inutile anniversario della immane tragedia, inutile perchè niente è mai stato fatto a sufficienza per redimersi di quel disastro. E siamo tutti colpevoli: ogni volta che lasciamo accesa una luce in più, ogni volta che non spegniamo il monitor anche se va in standby, ogni volta che compriamo una TV più grande, un aspiratore più potente, ogni volta che carichiamo il nostro cellulare, ogni volta che richiediamo un po' di più elettricità siamo tutti colpevoli. E la chiudo qua. Intanto, la Diga è ancora lì: la diga ha tenuta, l'opera ingegneristica non ha mollato; è stata la teoria che ha fatto cilecca.
I MOTOCICLISTI
Un altro aneddoto sui motociclisti, questa "grande famiglia".
Premessa: ad agosto vado in ferie a Fazana. Arrivo a un distributore in Slovenia con la moto stra-carica, appoggio il piede a terra per metterla sul cavalletto e il piede destro mi scivola via, tento di puntarmi ma non ci riesco, a terra c'è una chiazza di gasolio che non avevo visto e ci sto proprio sopra, la moto si inclina e col peso dei bagagli e il piede che scivola non posso fare altro che adagiarla con calma a terra. Il tipo del distributore arriva a darmi una mano a tentare di tirarla su, ma entrambi scivoliamo sul gasolio che lui così nota, e porta un secchio di sabbia assorbente. Tiro su la moto aiutato da un tizio, sloveno, di un furgone lì a fianco. Tutto questo mentre un gruppo di 4 o 5 motociclisti, italiani, sono lì davanti a cinque metri da me e nessuno ha fatto cenno di venire a darmi una mano, sebbene tutti fossero lì a guardare.
Bene, dopo questa premessa, ieri sentivo un rumore nella carena portastrumenti. Con la scusa di due foto alla diga, mi fermo alla fine del ponte dove comincia la salita alla diga. I motociclisti passano uno ogni minuto. Scopro che mi si è allentata una vite della carena, così tolgo il bauletto e la sella per recuperare gli attrezzi e serrarla. Bene, ci fosse stato uno, uno solo, che vistomi a bordo strada con gli attrezzi in mano si fosse fermato a chiedermi se era tutto ok. UNO dio boia!
Era una vite inferiore per cui, a passare di lì per caso, poteva sembrare che avessi qualcosa alla frizione, o al motore...
Sono passati a decine lì davanti, moto lucide e splendenti, gilet ad alta visibilità, completi da moto che costano quanto la moto, marmitte aperte, navigatori gps e cellulari e tutti con il vostro cazzo di microfono che spunta dal casco ma appena vedete uno con tutti gli attrezzi a terra tirate dritto. Per fortuna che dovevo solo avvitare una vite, avessi avuto un reale problema sarei stato cagato.
Invece niente: come in Slovenia quest'anno, come anni fa in Croazia quando mi ha mollato la pompa della benzina. Niente di niente.
Complimenti a tutti dio boia.
Non saluterò più nessuno, basta con questa ipocrisia del cazzo. Mi sono fermato un sacco di volte anche solo a far compagnia come a un tipo con una Ducati nuova con l'impianto elettrico in culo, sempre mi sono fermato. Ora basta, mi fermerò ancora, ma le due dita le userò solo per pulirmi il naso. O per salutare i biker, gli MC.
Per quanto riguarda voi che avete uno scooter, NON SIETE MOTOCICLISTI. Potete fare quello che volete, le curve in piega, i viaggi avventurosi, 50.000 km all'anno ma NON siete motociclisti. Salutatevi fra di voi se proprio dovete salutare qualcuno, ma lasciateci in pace una volta per tutte.
Potevate comprarvi una moto, dio boia. Nessuno vi ha costretto a comprare quella merda.
VAJONT E VALCELLINA
E' pieno di autovelox. E' piano di motociclisti che appena ne passano uno tirano alla cazzo, e qualcuno ti taglia la strada. C'era anche una grandissima troia sull'auto più sfigata del momento, un'Alfa Giulietta, che guidava come avesse avuto il cervello di una pecora. Il monte Toc fa sempre imprezssione; mi passa per la testa di fermarmi a salutare Mauro Corona e ricordargli di quella volta che passanno un pomeriggio di un'inverno gelido a bere tagli insieme a Venezia, ma c'è troppa gente e vado via dritto.
PALA BARZANA
La Forcella di Pala Barzana l'ho percorsa per la prima volta nel 2006, e dopo ci tornai ogni tanto. Aveva la strada veramente dissestata, ora hanno sistemato qualche pezzo, ma nel complesso è un altro di quei passi tutto ghiaino e tornanti stretti che non piace sicuramente al Valentino Di Quartiere e così non trovi tante moto, a dispetto di un panorama veramente brutale e affascinante. E' per questo che anche questa strada la considero MIA e di nessun altro. Qui, dopo tutta la frenesia dopo il panino losco, faccio la mia seconda tappa: fermo la moto in un tornante dove già fermai la moto altre volte e mi siedo su una pietra a guardare le montagne coperte di boschi e foreste che si aprono davanti a me e mi pare di essere tagliato fuori dal mondo, mentre tra le fronde degli alberi si intravvede il budello arrotolato che è la strada in discesa della Pala Barzana. Unica nota negativa: mnetto la mano in tasca per prendere la boccetta di liquido della sigaretta elettronica e il tessuto appiccicoso mi preannuncia l'amara verità: la boccetta è vuota, il liquido è fuoriuscito. Per fortuna che ho sempre guidato svapando quasi mai e nel serbatoio dell'atomizzatore c'è ancora qualcosa...
FINALE HONDUREGNO
Già, dal Friuli all'Honduras... Passo per Poffabro dove anni prima da una porta vidi uscire un Imam e mi chiesi che cazzo portava un Imam dal Medio Oriente a un borgo di merda perso tra monti di merda di una regione di merda... Passo per Navarons che ogni volta che ci passo mi chiedo "Ma parcé?"... e arrivo a chiudere il giro: sono di nuovo ai bordi del Meduna, vicino al lago di Redona. Però ho un languorino, sono le 17 e da stamattina ho mangiato solo il panino Losco. Ma so già dove andare, dopo il lago infatti c'è il mitico chiosco dell'Honduregna che fa la Pitina e ha la grappa con le radici dell'Honduras! E via, allora, col sole che cala e i monti che lo celano ancora prima che crolli all'orizzonte. Bastonata di soldi per mangiare la Pitina ma è così buona che anche qui posso dire che il prossimo anno tornerò a fermarmici perché merita proprio!
FINE
Fine. Da lì sono ripartito, facendo una foto al Meduna dove entra nel lago, ora in secca, col tramonto, facendo una foto ai resti di Movada sommersi con la costruzione della diga e la costruzione del lago artificiale. Arrivato a Codroipo ho contato 301 km totali e mi sono sentito molto bene, e sto ancora bene.
MOTO
La mia è proprio una grande, grandissima moto! Fanno bene a chiamarla La Regina: l'Africa Twin è perfetta. Motore non esagerato ma che in montagna non molla, gran coppia, comoda, grande, imponente, bella, è veramente una puttanona coi fiocchi. Ho perso un po' di conteggi durante il cambio contakm, ma ora la mia dovrebbe essere a 136.000 km e a parte la guarnizione delle punterie e la pompa benzina (Mikuni) e il regolatore saltato, successimo tutto assieme tra i 95.000 e i 105.000 km, non ho fatto altro se non ordinaria manutenzione.

Il Bostro-X, lì 08/10/2017



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