Oggi ho scritto su Facebook "Ho scoperto solo ora che esiste una ricostruzione di tutta la leggendaria 10a sinfonia di Gustav Mahler" corredando il post con il link all'interpretazione di Riccardo Chailly; è vero, solo oggi ho scoperto l'esistenza di questa meraviglia.
La decima sinfonia di Gustav Mahler è qualcosa come il Santo Graal per i cristiani, solo che quello è pura fantasia mentre della maestosa decima di Mahler abbiamo almeno il primo movimento. Abbiamo... pare che l'avevamo, invece, perché dalle moltissime bozze lasciate dal compositore, molti musicologi e direttori hanno lavorato per tentare di ricreare per quanto possibile ciò che avrebbe dovuto essere, ed è il monumento di questo grande artista, il suo "abschied".
Come disse Cooke, quello che più lavorò alla ricostruzione della sinfonia, il suo scopo era creare una "versione eseguibile" della sinfonia ovvero cercare di limitare al massimo le aggiunte; prendere il lavoro di Mahler e unirlo in una forma più completa possibile in modo che fosse suonabile, minimizzando le aggiunte al minimo indispensabile ragionando sul fatto che Mahler stesso era una persona perfezionista che per il resto della vita avrebbe continuato a revisionare il suo lavoro. In teoria anche la versione di Barshai segue lo stesso principio sebbene Barshai sia andato oltre al creare una "versione eseguibile" e le sue aggiunte siano più pesanti. L'ascoltatore normale come me poco può fare oltre a leggere la pagina di Wikipedia e qualche altro articolo in merito; molte domande restano aperte. Le fonti erano attendibili? Cooke che principio ha seguito per rendere "eseguibili" gli appunti? Quanto Alma Mahler, la perfetta femme fatale, si intromise? Quanto gli sviluppi successivi della teoria musicale hanno influenzato i lavori? Quanto, nel caso di Barshai, la scuola russa si è direttamente o indirettamente intromessa? Quanto ha influito la formazione dello studioso stesso, o il suo gusto personale, o le sue idee teoriche?
Oltre a non saperlo fare, non ho neanche interesse a fare una ricerca filologica per giustificare o meno il risultato. Mi è capitata in offerta questa versione di Barshai e l'ho acquistata, anche se ammetto di ascoltarne altre, Gielen (meravigliosa perché evanescente) e Sanderling (meravigliosa perché pura). In teoria la versione di Ormandy, essendo stata la prima, ci restituisce quella che fu la prima edizione di Derryk Cooke il quale infatti continuò il suo lavoro con varie successive versioni che comportano aggiunte, quindi quella di Ormandy è probabilmente la versione più prossima agli appunti lasciati di Mahler.
Senza poter fare una ricerca musicologica, mi affido dunque al mio orecchio per chiedermi: cosa ne è risultato? Be, sicuramente qualcosa che è mahleriano, non c'è dubbio, e allo stesso tempo si può notare una certa coerenza di fondo tra il primo movimento, completo e del quale avevo già la versione di Abbado da molti anni, e i restanti quattro movimenti. Ed è qualcosa di meraviglioso! E' una sinfonia meravigliosa, e scoprirla dopo così tanti anni mi ha dato una grandissima emozione, come se avessi ritrovato qualcosa di estremamente caro.
Non mi interessa sapere se è o non è Mahler, per me è Mahler e ciò mi basta e all'ascolto non nutro dubbi, che poi qualcuno (Barshai, Cooke) ci abbia messo del suo e quanto a me cambia quanto la cornice di un quadro. Mahler ha una progressione nelle sue sinfonie, la Nona è lontana anni luce dalla Prima ma c'è un legame indubbio che è dato dallo stile di Mahler, fermo comunque che da quando la sentii per la prima volta (Abbado, Wiener, in cofanetto con l'Adagio della Decima) mi resi conto che con essa Mahler aveva fatto un salto di prospettiva entrando, dal mondo terreno, a quello puramente spirituale. La Decima come oggi posso ascoltarla è la diretta conseguenza della Nona nonché la realizzazione dello schema tipico delle sinfonie di Mahler, con degli scherzi che paiono delle prese in giro, quasi un tentativo di ridere anche nei momenti più drammatici e di fronte all'inevitabilità della sconfitta e della tragedia, ed trovo perfettamente coerente con ciò che sento di Mahler che questa sinfonia si concluda con quel terribile ultimo movimento (i colpi dei timpani/tamburi sono martellate sul cuore che vibra come per un attacco) a conclusione di tutta la parabola compositiva e di pensiero di questo compositore leggendario.
Mahler era diventato paranoico, durante le camminate con Alma si misurava la pressione e le chiedeva di ascoltare il cuore per monitorare qualche colpo strano, forse quei botti dell'ultimo movimento sono ciò che lui temeva Alma sentisse?
Mahler lo scoprii a fine anni '90 con un CD della Quinta allegato a una rivista di musica, la direzione era di Abbado con la Chicago Symphony Orchestra: la ascoltai e riascoltai convinto di trovarmi di fronte a qualcosa di alieno. Non conoscevo ancora Visconti quindi l'Adagietto per me era un mondo ignoto e penso sia uno dei brani che più ho ascoltato, sicuramente ancora più di qualsiasi cosa di Wagner e a mio avviso il brano più riuscito in assoluto della musica classica. Forse solo un po' meno di Per Elisa che resta un monumento all'umanità irraggiungibile (anche forse perché è quasi il primo brano di musica classica che ascoltai, da bambino, e che mi fece innamorare di questo "genere" musicale), ma questo Adagietto è qualcosa di etereo, del quale pensai "Dove trovare l'ispirazione per comporre qualcosa di simile? Osservare il nulla. Guardarlo, studiarlo comprenderlo, ma soprattutto passivamente accettarlo".
Uno dei CD più cari che ho è il doppio di Abbado in cui il grande maestro, a mio avviso uno tra i migliori interpreti di Mahler, dirige la Nona e il primo movimento della Decima; queste due sinfonie sono per me la summa dell'opera di Mahler. Vi si ritrova tutto ciò che le altre sue sinfonie sono, anzi, vi si ritrova tutta l'opera di questo immenso compositore. Adoro la prima, la seconda soprattutto, la quarta, la quinta, la sesta, mentre la terza e la settimana e l'ottava mi piacciono ma le ascolto più raramente. Ma la nona e la decima le avrò ascoltate 100 volte, in quel cofanetto. Forse l'unica cosa che mi dispiace, ma solo a livello emotivo, è che la decima che conoscevo, concludendosi con quel lamento garbato ed evanescente, era la perfetta conclusione di un'esperienza.
Di certo, dopo aver ascoltato il quarto movimento della Decima, non mi dolgo più di tanto che i miei ricordi siano stati così violati. Quando ho ascoltato per la prima volta l'intera decima con la direzione di Chailly a condurre la versione detta Cooke II, sono rimasto folgorato dall'ultimo movimento: qualcosa di ultraterreno, spietato, brutale e triste, concettualizzazione pura della nostalgia e dell'abbandono.
Mi dispiace immensamente che Abbado non abbia diretto(o non volle?) una di queste ricostruzioni.
Sono questi i momenti in cui sono contento di essere un ascoltatore superficiale: è probabile che lo studio delle fonti e delle bozze mi porterebbe a rigettare tutte queste ricostruzioni, mentre grazie alla mia superficialità ora, dopo circa 25 anni di amore per Mahler e di quell'Adagio che ho ascoltato mille volte dal mio cofanetto di Abbado, posso ascoltare anche quel magnifico ultimo spietato movimento, di chiunque sia la paternità. Dave Hurrwitz secondo me si rovina un po' la vita ad argomentare troppo perché Barshai non va preso in considerazione! Peraltro, seguendo il suo ragionamento si arriverebbe a rifiutare tutta la ricostruzione della Decima.
Qui riporto la versione di Barshai, semplicemente per il motivo che è quella che ho acquistato. Anche quella di Chailly è bella sebbene non mi piacciono alcune sue scelte, soprattutto i timpani nell'ultimo movimento e il tono generalmente basso dei fiati che fa andare un po' sottotono quelle dissonanze tra un timpano e l'altro che paiono veramente delle crepe nell'atmosfera.
Mahler è un compositore difficile, si possono apprezzare alcuni movimenti più facili come i suoi adagi: quello celebre della quinta, il canto soave nella seconda, o il poco adagio della quarta, ma ascoltare tutte le sue sinfonie è cosa non da poco.
Il modo migliore è a mio avviso entrare nell'ottica di quest'uomo depresso, fisicamente malato, sposato a una donna bellissima che lo amò e sostenne ma che pure alla fine lo tradì (certo non fece una vita facile con un uomo simile), il cui sguardo si volgeva continuamente al crollo di un'era e di un mondo, al crollo delle vite, alla morte della primogenita, sovrastato da una negatività e da un destino avverso cui tentò male e inutilmente di contrapporsi.
Io quando lo ascolto vedo scene di caos primigenio: nella prima l'emergere di un Titano folle e immorale, nella quarta mi pare sempre di veder irrompere un carretto pieno di folli nani bercianti che trillano campanelli, nella seconda il crescere delle montagne in un pianeta inaridito, nella quinta una marcia funebre di giganti muti, nella nona un paesaggio nebbioso autunnale con un sole pallido. Ora ho la decima, e vi vedo la morte, la fine, la conclusione; di cosa? Di tutto, di niente in particolare, come fosse concetti.
Mahler era da sempre convinto che il destino gli fosse avverso, e non a torto si può pensare: era terrorizzato dalla "maledizione della nona", quel timore reverenziale dei grandi sinfonisti nel limite ideale imposto dai monumenti di Beethoven; tant'è che tentò di fregare il destino dando il nome "Das Lied von der Erde" a un ciclo di lied che in realtà aveva pensato come una sinfonia, e sua moglie alma durante la composizione dei Kindertotenlieder gli disse che era assurdo da parte sua continuare a provocare il fato e guarda a caso poi gli morì una figlia. Affrontare la decima fu un gesto di coraggio e follia assieme, che però gli fu fatale; la maledizione si impose, sua moglie lo tradì, e poco dopo lo stesso fece il suo debole cuore.
Con la sua morte il mondo diventò più triste ma le sue musiche sono perfette per i titoli di coda di un'era grandiosa, cui seguì il disastro.
Uno dei suoi brani che preferisco è Der Abschied da Das Lied von der Erde e quanto c'è il canto, l'urlo, "O sieh! Wie eine Silberbarke schwebt Der Mond am blauen Himmelssee herauf" - "Guarda! Come una barca d'argento, dondola la luna sull'azzurro lago del cielo" mi viene ogni volta la pelle d'oca.
Forse era veramente quella la sua Decima, il suo vero finale.
Il musicologo Jack Diether a proposito della Decima disse: "It is much more important that what Mahler wrote should be heard than that which he did not write should not be heard" - "E' molto più importante che ciò che Mahler scrisse possa essere ascoltato piuttosto che ciò che non scrisse non possa essere ascoltato". E' esattamente il mio punto di vista e Hurrwitz a mio avviso dovrebbe ragionarci.
Adorno era contrario, facendo un paragone tra un quadro di un artista famoso e i suoi schizzi: "gli schizzi sono importanti per un museo, ma ciò che appendo al muro è il quadro" diceva. Non c'è dubbio, anche il ragionamento di Adorno fila ma entro certi limiti ovvero la possibilità di vedere una bozza in qualche modo compiuta e poter così sanare quella terribile mancanza che ci lascia l'ascolto dell'Adagio è una cura per l'anima; Adorno era un filosofo e i filosofi sono bravissimi a parlare e ragionare ma spesso gli manca la terra sotto i piedi o non vogliono proprio considerarla, così i loro discorsi sono meravigliosi nella teoria, tranne per il fatto che ad analizzarli si scopre che appartengono solo al mondo della teoria: infatti Adorno non ha considerato che nel caso della Decima non abbiamo il quadro.
Potete leggere qui un approfondimento sulla Decima di Mahler mentre trovate qui una recensione entusiastica alla versione di Barshai, nella quale peraltro l'autore decanta la direzione di Barshai della Quinta ed a ragione, l'ho ascoltata ed è fantastica anche se io sono legato alla mia storica di Abbado coi Chicago Symphony.
Post concluso il 14/11/2023
Qui si seguito la playlist con l'edizione/ricostruzione del direttore d'orchestra Rudolf Barshai che qui ne è anche direttore. Che dire? Domanda sbagliata, perché... c'è veramente qualcosa da dire? No, c'è da tacere e ascoltare. Ogni volta
Qui di seguito invece una playlist Youtube con tutte le registrazioni effettuate fino al 2023. Sono tante, alcune sono riduzioni per pianoforte, altre non rendono per nulla il suono meravigliosamente evanescente e nostalgico di Mahler ma, tenendo conto che è un'incompiuta ricostruita, il discorso a mio avviso è un altro. Se siete dei musicologi con basi teoriche e storiografiche allora sicuramente avete modo di fare una selezione, che ovviamente però sarà influenzata anche dal direttore. Se, come me, vi piace semplicemente Mahler allora avete una scelta incredibilmente più facile. Io penso che la scelta da fare sia quella tra la prima versione di Cooke, rappresentata dalla registrazione del grande Eugene Ormandy, e una qualsiasi altra registrazione il cui direttore vi garbi, e sotto questo aspetto io scelsi Barshai perché il suo Adagio iniziale mi sembrava quello più congruente con la versione di Abbado, ragionando che il primo amore non si scorda mai. Inoltre mi sono concentrato sull'ultimo movimento, assolutamente meraviglioso, e precisamente sulla parte finale che a seconda dell'edizione (questo movimento può passare dai 20 ai 27 minuti a seconda dell'interpretazione) parte circa dal 13/14o minuto, in quella di Barshai precisamente dal minuto 16:30 - Se confrontate la versione di questo momento con quel "wroom" dell'orchestra e i successivi archi che stridono mimando quella che potremmo dire un'alba ristoratrice su un'umanità devastata, vi renderete conto che la versione di Ormandy a confronto sembra quasi musica da camera. Non so se è una questione di direzione o registrazione, ma c'è un certo grado di mancanza di sottofondo a quegli archi che invece trovate in Barshai che probabilmente ha reso il brano non solo suonabile in pubblico, ma anche totalmente orchestrato.
Qui di seguito invece una vera perla: la direzione di Gielen con lo spartito originale di Mahler manoscritto.
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