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Ted Simon e i suoi magnifici Viaggi di Jupiter

Categoria: LIBRI

KEYWORDS: libri | moto | scrittori | viaggi |
Inserito in DATA: 07/02/2014 | Vai ai COMMENTI
Ho iniziato a leggere un libro che ho sul comodino da un anno e che evitavo per semplice paura. Paura di cosa? Paura di ricominciare a sognare, in maniera patetica, quasi patologica.
Per molti anni assente dagli scaffali delle librerie italiane, qualche anno fa è ricomparso questo classico della narrativa per motociclisti.
Negli anni ’70 questo giornalista, mai stato motociclista – a suo dire – su ispirazione del Sunday Times parte per un giro del mondo in moto.
Vuole vedere il mondo, vuole vedere popoli, culture, paesi, panorami, strade. E vuole farlo da una moto, l’unico mezzo che ti permette, mentre percorri una strada, di sentirla comunque sotto i piedi, nel volto, di sentire i profumi o i lezzi dei paesaggi che attraversi, di parlare con chi incontri senza il muro di un abitacolo.
Mi piace molto il fatto che parta con una Triumph, che parta coi jeans e un giubbotto da aviatore. Insomma, che parta non come chi si appresta a fare qualcosa di specializzato in moto, ma come chi si appresta, semplicemente, a salitre in moto e a percorrere km in attesa delle interruzioni: le interruzioni del viaggio, lo scopre solo in Etiopia dopo una foratura, sono infatti il viaggio stesso, la sua essenza. Non è la partenza, né la meta, né il percorso: è l’interruzione ciò che dà senso alla follia assoluta che ha deciso di compiere.
Insomma, capite già che il libro è bellissimo: è facile, il tema è ovviamente interessante, tuttavia bisogna anche dire che la prosa è ottima. Non è semplicistica come quella di un dilettante, ma è chiaro, lui è un giornalista “vecchio stampo” (non come quelli di oggi che sfornano articoli tnto per riempire buchi nelle riviste, di solito con fin troppi errori o “stupri” dell’italiano).
Ricorda forse un po’ Bettinelli nel suo primo splendido libro.
E’ bello la sincerità che guida la narrazione: bestemmie, pericoli, sigarette, alcol, persino quando riceve attenzioni omosessuali.
Un libro che fa male ad ogni motociclista.
E come ogni cosa che fa male… è anche un libro che fa bene.
Ci si sente in parte appagati, quando si leggono libri di chi è riuscito a realizzare i propri sogni. Molte volte non li si realizza non solo per mancanza di coraggio, ma semplicemente per mancanza di possiblità.
Possibilità economiche, possibilità pratiche, conoscenze meccaniche, impegni familiari, impegni lavorativi. Non si può dire semplicemente “basta partire”, perché per poterlo fare non bisogna avere niente da (dover) lasciare.
Il libro è un bel mattone, ma ve lo consiglio vivamente.
La cosa più simpatica di questo tipo è che ha fatto il viaggio nel 1973, e nel 2001 all’età di 69 anni ha deciso di rifarlo per vedere cos’era cambiato nel mondo e ne è venuto fuori un secondo libro, sempre splendido sebbene non raggiunga le vette del primo, vette raggiungibili anche per il diverso contesto storico!

Commento

Per ora posso parlare solo de "I viaggi di Jupiter", e di "Sognando Jupiter", mentre il terzo libro non l'ho ancora letto.
Il primo viaggio è fantastico. Non c'erano cellulari, non c'erano navigatori, niente internet, e il mondo era, come dire, proprio per questo motivo era infinitamente più grande. Ted era animato dalla propria forza interiore, alimentata dalla curiosità, dalla motivazione, ma forse, soprattutto, dal fatto che una volta sulla strada sapeva di essere solo.
Niente carri attrezzi da chiamare in caso di necessità, niente amici cui scrivere quando si sentiva solo, nessun modo per avere informazioni sul mondo quando si trovava fuori dalla civiltà, e se sbagliava strada la cartina di carta non glielo diceva se non troppo tardi! E' questo che più affascina di quel libro: quando ha un problema, non può fare altro che fermarsi ed attendere qualcuno. Certo, anche ai nostri giorni devi farlo dove non c'è campo, o se non hai nessuno da chiamare: però è un'opzione!
Oggi è tutto a portata di mano, è tutto vicino: tempo fa stavo organizzando un giro per uno sterrato, e c'era il dubbio sulla questione neve. In pochi minuti l'allegria di questo punto interrogativo sulla gita venne spazzata via da un tipo che aveva contattato il comune e l'avevano rassicurato sulle strade, inoltre siccome non si sentiva certo di poter affrontare lo sterrato andò su Google Maps e scoprì che Street View aveva tracciato lo sterrato. Insomma, in venti minuti sapeva già tutto. Mi caddero i coglioni.
Ted, invece, in questo stato, con una moto che non conosceva, e senza neppure esperienza da motociclista, con un paio di Jeans e un giubbotto in pelle da aviatore della RAF parte alla vigilia della Guerra dei Sei Giorni, e durante la guerra stesas attraversa tutto l'Egitto e scende fino in Sudan, rimanendo anche bloccato in un villaggetto di capanne.
C'è l'Apartheid, ci sono sterrate dove per centinaia di km vi sono solo capanne, ci sono le dittature in sudamerica e finisce pure in carcere, l'Australia è come il vecchio west, eppure ne viene fuori. Sempre.
Le sue serate in tenda, da solo, o in compagnia, hanno il fascino della libertà, c'è puzzo di polvere, cacca di mucca, ma anche profumo di erba fresca, aria pura, c'è il suono di un torrente in cui si lava, o c'è la ricerca di un pezzo di carne sulle impervie vie andine.
Finisci il libro con una lacrima all'occhio.
Quelle cose non ci saranno più. Ma è chiaro, a qualcuno va meglio. Ai poveri contadini che si spaccavano la schiena su pietraie dove i carretti spezzavano i mozzi delle ruote, una striscia di asfalto cambia la vita radicalmente. E il turismo, inevitabilmente, porta soldi, e soprattutto possibilità. Ma le possibilità, spesso, sono obblighi coercitivi: se ne hai troppe, devi scegliere, ovvero dei scegliere non una possibilità, ma devi sceglierne molte di più da scartare.
E poi, diciamocelo, tutti bene o male pronunciamo "Ai miei tempi...". E ciascuno ha "i suoi tempi". Io parlo di venti anni fa, ma mio padre parla di 50 anni fa, e mio nonno di 80 anni fa, e così via. Ciascuno ha la sua "età dell'oro" che sicuramente coincide o con la gioventù, o - nel caso di Ted - con un periodo particolarmente felice e libero (che, in definitiva, è il significato vero della gioverntù). Per cui il paragone è sempre relativo. Ma il paragone di Ted è più forte, perché le nuove tecnologie emerse tra i suoi due viaggi sono molto differenti da quelle del passato: non portano la comunicazione in un senso solo, come la TV o la Radio, ma la porte - immediatamente - in entrambi i sensi!
Il suo viaggio è anche un pellegrinaggio in giro per il mondo, per conoscerne il più possibili e poter così, in futuro, far fronte con obiezioni valide ai pregiudizi. E, nel complesso, trova tanta sincerità e bontà, nell'uomo. Negli individui, più che altro. Perché le società non sono mai buone.
Dopo quasi trent'anni Ted Simon decide di ripartire. Si chiede: "Se tanti, grazie al mio libro, sono partiti, perché non posso rifarlo anch'io?". E a 69 anni parte per rifare il giro del mondo, tentando il più che può di ripassare per gli stessi posti dov'erano andato.
Si sa: la "Parte II" e sempre un decadimento. Come nei film, spesso anche nei libri. Ma qui il libro parte già così, coscientemente, perché Ted sa che molti di coloro che ha conosciuto saranno morti: in Africa l'aspettativa di vita era molto più bassa della sua, poi c'è l'industrializzazione, l'urbanizzazione, la modernità, la tecnologia che in un modo o nell'altro arriva dappertutto.
Ma ciò che trova è ancora peggio: il mondo è andato avanti, molto avanti, troppo, e ciò che è successo è che un modo di vita, quello occidentale, capitalistico, consumistico, basato sul "possedere un bene" qualunque sia, si è imposto nel mondo. Magari in alcuni casi le società sono benestanti, ma questo non è un tratto di questo habitus: anche nei paesi più poveri c'è comunque la mentalità occidentale: ed infatti è ciò che più gli fa male di questo viaggio, di ciò che scopre nel mondo.
Si può avere ancora fiducia nel prossimo, negli individui: ma meno.
Ed è per questo che, verso la fine, tutto ciò che vuole è semplicemente finire il viaggio, e quando a causa della guerra in Afghanistan e in Iraq gli viene preclusa, dall'India, la via del Pakistan, con sincerità lo ammette.
Dopo aver percorso molta parte del globo alla ricerca di Jupiter, alla fine non può che riconoscere con se stesso che Jupiter può ormai solo sognarlo: da un lato, non può che sognare ciò che lui era un tempo, un uomo giovane e forte; dall'altro, non può più che sognare quel mondo che ha conosciuto trent'anni prima e che non ci sarà più, e che è stato sostituito da un mondo che fagocita, divora, dilania se stesso.
L'incipit del primo libro è il punto d'unione dei due viaggi:

Più le cose cambiano, più restano uguali. Da quando ho terminato il mio viaggio, più di trent'anni fa, il mondo è cambiato: è quasi irriconoscibile. Eppure, leggendo di nuovo queste pagine, penso che se dovessi fare questo stesso viaggio oggi, mi potrebbero capitare esattamente le stesse cose di allora. Forse, a questo giro, non mi rinchiuderebbero in prigione in Brasile, ma probabilmente lo farebbero in Iran. Forse hanno smesso di sparare alla gente per le strade in Cile, ma ho sentito dire che in Afghanistan i proiettili sibilano liberi, in abbondanza. Forse non mi troverei a percorrere in moto le rivoluzioni di Mozambico e Perù, ma ci sono tante aree "calde" sulla mappa del mondo. Forse adesso hanno asfaltato la strada sul Nullarbor, ma scommetto che i sentieri polverosi del Sudan sono ancora più distrastrosi di allora. E nel 1973 i problemi più grossi al mondo erano... povertà, terrorismo e inquinamento ambientale.

Mentre la conclusione del secondo la dice lunga su ciò che ha imparato.

E' ovvio, non si può negare o fermare la corsa verso la morte e il suo logorio infinito, questo lo sapevo. Ma la rassegnazione filosofica non aiuta, quando le articolazioni si bloccano senza motivo, i crampi contraggono i muscoli, le valvole affermano il loro diritto di aprirsi e chiudersi a loro piacimento, le pompe funzionano male, quando funzionano, e l'interno e meraviglioso congegno della vita, che per sette decenni ha funzionato alla perfezione senza farsi notare, ora chiede manutenzione e supervisione, e minaccia di impazzire. E nel frattempo la moto è in forma smagliante e si prende gioco di me. Certe volte mi sento come una vecchia fabbrica, segnata e rattoppata dalle saldature, che sputa vapore e fumo da tubi e guarnizioni squarciate, e trascorre i suoi ultimi giorni gocciolando e cigolando per la ruggine, in attesa della demolizione. Beh, almeno una fabbrica produce qualcosa. Sono ben lontano dal pensiero di scivolare dolcemente nella notte eterna, anzi, l'idea mi fa giustamente rabbia, ma devo anche ammettere che sono fortunato. Ho dei coetanei che invidiano la mia salute ed è vero che tutte le mie parti vitali fanno il loro lavoro senza mostrare segni di cedimento. Se mi concentro e faccio uno sforzo può darsi che riesca persino a riportare il mio orologio biologico indietro di un anno o due. Vorrei poter dire lo stesso della razza umana.

Link Utili

Potete trovare informazioni su Ted Simon, che è tuttora in vita, nei suoi due siti internet:
- The Ted Simon Foundation: http://jupiterstravellers.org/
- Jupitalia.com: http://jupitalia.com/
In totale i libri di Simon sono tre:
Il terzo è una specie di “dietro le quinte”, un libro che narra alcuni passi che per motivi di spazio negli altri libri erano stati trattati un po’ sbrigativamente.

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