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Articolo sui paradossi del GDPR da LaLeggePerTutti.it

Categoria: PENSIERI

KEYWORDS: riflessioni |
Inserito in DATA: 22/05/2018 | Vai ai COMMENTI
Bell'articolo da LaLeggePerTutti.it riguardo il nuovissimo GDPR.
Probabilmente è anche da considerarsi incompleto, tanti più sono i suoi paradossi. 
Perché si presuppone, come ogni volta, che vi siano un fornitore e un consumatore distinti, mentre sono la stessa cosa perché a volte l'uno diventa l'altro: il fornitore a volte deve consumare, il consumatore a volte deve rifornire. A meno che uno dei due non sia un nullafacente, ma difficile. Una "legge", o meglio un "regolamento", così intricato che implica il dover appoggiarsi ad altri per poterlo applicare, ha così senso? Se l'applicazione è farraginosa, chi poi, quando si trova nei panni del consumatore, capirà cosa sta accadendo?
Io sinceramente sto trovando questa nuova genialata tanto intricata quanto superficiale, improvvisabile e al solito con contenuti sempre in crescita che, alla resa dei conti, pur di accettare un acquisto, un finanziamento, un preventivo, chiunque sottoscriverà perché l'alternativa sarebbe rifiutare tutto.
E poi... perché insistere tanto sulla privacy quando spesso e volentieri la privacy non è rubata, ma è superficialmente distribuita dallo stesso che poi lamenta il presunto furto?

"A parole, tutti amiamo la nostra privacy; nei fatti no. La gente pubblica sui social network ogni genere di informazione che la riguarda. Pur di giocare a Farmaville rivela chi sono i propri amici, i familiari e i rapporti di parentela (già registrati su Facebook). Per vedere un film in streaming gratis dà tutti i propri dati: dalla data di nascita all’email. Per sentire un brano in mp3 del vale di 0,99 euro scrive il numero della propria carta di credito. Si tagga ovunque va: in un centro commerciale, in un hotel, in un museo. D’estate compaiono persino semi-nudi imbarazzanti. Si lasciano tracce di sé stessi ovunque e volontariamente. Per un po’ di notorietà si è disposti a barattare qualsiasi cosa, persino le foto dei propri figli minorenni".

E ancora: "la nuova legge sulla privacy addossa più oneri ai piccoli esercizi commerciali che non ai big del web che, invece, sono i veri “responsabili” di questo enforcement". Le grandi aziende che sulla distribuzione e sfruttamento dei dati fanno il grosso marketing/telemarketing, hanno i numeri per assumere due o tre persone a gestire il loro impianto secondo il GDPR: tante carte, parole in inglese, espressioni intricate e riferimenti di legge per poi continuare a fare telefonate in giro e fare appalti con call center tutti dotati dell'odioso combinatore telefonico.
Il piccolo esercizio commerciale, che contatta solo i propri clienti o saltuariamente chi l'ha già contattato in precedenza, avrà solo un incremento di costi e, soprattutto, nuove cose fantastiche da dove seguire nel corso dell'anno.

Baggianate dall'epoca del "social sharing", l'epoca del condividi tutto ad ogni costo e diventa celebre sul web.

Ai tempi in cui studiavo all'università le lezioni di Emanuele Severino, il suo punto cardine all'interno dello scontro tra la sua filosofia e le contraddizioni della teologia era: "perché non violare un dio che si lascia violare?".
E' un aforisma, vuol dire tutto e nulla senza studiare tutto il pensiero del filosofo. Ma la legge sostanzialmente non fa differenza e il senso è: tracciando con così tanta precisione tutti i limiti da rispettare per la difesa della privacy, stiamo invece tracciando con precisione i modi per eluderla.

FONTE: laleggepertutti.it/207857_gdpr-il-paradosso-della-nuova-legge-sulla-privacy

A circa una settimana dalla messa in opera di questo stupido regolamento, che sostanzialmente non ha cambiato nulla se non aggiungere paragrafi alle precedenti informative, e clausole e firme ai contratti da stipulare, per LaLeggePerTutti si parla già chiaro e tondo di fallimento.
In questo articolo laleggepertutti.it/210863_privacy-perche-il-gdpr-e-gia-fallito c'è una conclusione tanto inquietante quanto chiara.
"Impossibile allontanare il sospetto che la nuova legge sulla privacy, nella sostanza identica alla precedente se non per l’aggiunta di regole più stringenti, non sia altro che una reazione di carattere politico contro il comportamento di Google e di altri big dell’informatica. Come in molte cose che stanno dietro le scelte dei governanti, anche qui siamo di fronte a un problema di carattere economico e fiscale. I grossi intermediari, come noto, hanno deciso di stabilire la propria sede europea a Dublino per pagare meno tasse. Secondo però le regole fiscali di ogni Paese, le tasse vanno pagate laddove vengono svolti i servizi e quindi conseguiti gli utili. Ciò imporrebbe a Google di pagare in Italia le imposte italiane, in Francia quelle francesi e così via. Ma ogni trattativa è stata inutile. Di qui le note sanzioni e la famosa GoogleTax. Come attaccare allora le big company americane? Rendendo più difficile i guadagni dalla pubblicità. La comunità europea ha pensato in questo modo: i banner profilati (quelli cioè creati sulla base dei precedenti click dell’utente) rendono di più? Ebbene, da oggi in poi il cittadino dovrà prima dare il consenso alla profilazione dei propri dati. E chi mai accetterà sapendo che, in caso di accettazione, un anonimo algoritmo lo seguirà in qualsiasi cosa faccia sul web?"

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