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Quattro lanci a pesca dopo lavoro

Categoria: PESCA

KEYWORDS: pesca |
Inserito in DATA: 29/06/2017 | Vai ai COMMENTI
E' lunedì, una giornata che è ovviamente sempre più merdosa di tutte le altre.
Lavori dal lunedì mattina al sabato sera, la domenica fugge via in un attimo che trascorri freneticamente cercando di fare tutto ciò che non puoi fare durante la settimana, e ti ritrovi al lunedì mattina stanco e demoralizzato.
Molte altre persone si trovano nello stesso stato, e quando arrivano da me scatta irrimediabilmente la tensione.
Arriva la sera agognata, chiudi baracca sempre troppo tardi... e vai a casa, indossi i mimetici e il gilet, ficchi la minicanna nel bauletto e te ne vai sul Corno a fare due lanci.
Cosa ci sarà mai di rilassante nel ritrovarsi in piedi a bordo acque massacrato da migliaia di insetti che si infilano in ogni orifizio scoperto, circondato da nutrie e pantegane, non saprei dirlo e penso non lo saprò mai perchè nessuno ha ancora scoperto il segreto della serenità e per questo è così difficile trovarla.
Faccio vari lanci da varie postazioni, ma ormai di trote c'è solo un amaro ricordo.
I fiumi sono perlopiù morti.
Avanzano solo alcuni cavedani... ne vedo uno solo nuotare contro-corrente ma non caga minimamente qualsiasi cosa gli lanci, siano vermi o cucchiaini. Le pioggie hanno riempito le acque di cibo e lui non si prende la briga di rincorrere piatti preconfezionati che sanno, come nei nostri migliori ristoranti, di presa per il culo.
Perdo due vermi tra le alghe, e già ne ho pochi.
Non sento neanche un'abboccata.
Mi sposto verso una zona già difficile per via dei cespugli ma dove forse qualche essere vivente ancora si nasconde in qualche anfratto, ma la tromba d'aria di domenica ha fatto cadere tantissimi alberi e non c'è un accesso sicuro senza stivaloni alti al petto.
Dietro di me una distesa di girasoli si stanno rattristando perché non sanno più da che parte voltarsi.
A un certo punto mi avanzano si e no due vermi che vorrei utilizzare per un'altra postazione.
Così prendo l'ultimo acquisto, il verme finto ma puzzolente Slurp di Trabucco.
Incredibile: al secondo lancio sento netta la mangiata.
Il filo tenuto sul dito freme, il cimino vibra, una bella tirata e il pesce comincia a fuggire portandosi via il mio amo e la frizione gracida allegramente. Che sensazione!
Devo fare attenzione alle lunghe alghe che, nell'acqua bassa, fino a poco fa facevano quasi confondere l'amo impiagliato con delle abboccate, ma è fatta.
Il pesce fa un piccolo salto, abbasso la canna come mi hanno insegnato per farlo stare in acqua e diminuire le possibilità di slamatura e pian piano lo attiro verso di me.
Sfortunatamente si stanca piuttosto velocemente, per cui lo porto a me per liberarlo: è un Cavedano di una trentina di cm.
Sono a valle della corrente per cui una volta portatolo a me si mette contro corrente, lascio la lenza un po' libera e non serve neanche che mi bagni le mani che l'amo senza ardiglione fa il suo sporco dovere e il pesce si libera da solo, andandosene di gran lena.
Almeno qualcosa, cazzo!
Riprendo a tirare, sono le nove passate e il sole è ormai scomparso e rimane solo il suo colore nel cielo a ponente, la notte avanza piuttosto nera e alla fine non riesco neanche più a capire dove lancio.
Dopo aver rischiato di perdere per due volte la montatura lanciata alla cieca in chissà quale cespuglio mi reputo soddisfatto.
Dopo un lunedì di merda, due ore nel silenzio tombale dei campi friulani con solo il rumore dell'acqua e il frinire degli insetti, e due domande di rito scambiate con un mesto pescatore a mosca, sono tornato in qua e posso chiudere baracca.
Salgo sulla moto e parto per le strade bianche incrociando lepri e nutrie che mi attraversano la strada.
Lontana la Villa Manin riluce nell'oscurità.

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