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Scoprire Federico Mompou troppo tardi

Categoria: MUSICA

KEYWORDS: musica | musica classica | pianoforte | recensioni |
Inserito in DATA: 16/01/2021 | Vai ai COMMENTI
Ho una vecchia raccolta di cassette di musica classica per pianoforte: si chiama Pianofortissimo. Nella cassetta n. 2 c'è un brano, Cancyon Y Danza di Federico Mompou, eseguito da Earl Wild, pianosta fenomenale ormai dimenticato molto presente in quella raccolta di 10 cassette fondamentale nella mia educazione artistica.
È con quella raccolta di 10 cassette che ho scoperto la musica classica quando ero bambino. Lì scoprii Per Elisa di Beethoven, i Notturni di Chopin, il virtuosismo di Liszt, la spietatezza di Rachmaninov.
Questo brano, tuttavia, Cancyon Y Danza, pur restando impresso perché da sempre lo adoro, chissà per quale motivo non mi portò mai ad ampliare la conoscenza di questo pianista.
Ero piccolo, per cui saranno passati almeno 35 anni da quei tempi e tempo fa, ascoltando la raccolta - che venti anni fa importai nel computer e con un fino lavoro di pulizia, trasformai in una magnifica raccolta in .mp3 -, mi venne finalmente l'idea di cercare qualche altro brano di questo compositore.
Sarà stata disattenzione, superficialità, non so. 
Forse la naturale diffidenza e ostilità (che riconosco irrazionali e immotivati) che provo nei confronti degli ispanici e dei latinos in genere.
Forse, semplicemente, la mancanza di tempo dovuta al mio compulsivo e sicuramente nevrotico bisogno di approcciare vari interessi e hobby e passioni, senza mai però approfondirli.
Non saprei dirlo.
Da un mese, tuttavia, ho iniziato ad ascoltare questo Mompou e non mi sono più fermato.
Prima qualche brano, poi qualcun altro, dalle Canciones Y Danzas ai Preludes, Dalle Impressiones Intimas alla Musica Callada, fino alla raccolta delle complete opere per pianoforte suonate da Mompou stesso.
È stato amore subito.
Anni fa, suonavo il pianoforte. Cominciai da bambino grazie a quella raccolta, poi mi fermai e verso la fine delle superiori con la passione della filosofia ritornai a quella dimensione intima e introspettiva che è necessariamente la musica classica soprattutto nella sua manifestazione più perfetta: il pianoforte.
Una volta che raggiunsi la padronanza necessaria a sentire finalmente quel magnifico effetto che è l'indipendenza delle mani che, come i tentacoli dei polpi, cominciano a muoversi da sole quasi che in ogni dito nasca per miracolo un cervello indipendente ma connesso a tutti gli altri cervelli di tutte le dita della mano e degli occhi sicché, guardando uno spartito, senza ragionamento o calcolo alcuni le mani scivolano sulla tastiera e accade quel magnifico momento in cui gli errori non sono più bloccanti ma l'errore di un dito, o più, o di una mano intera viene totalmente ignorato dal complesso olistico del pianista che continua nel suo creare la magia della musica... 
Chi suona capisce di cosa parlo: non è essere virtuosi, assolutamente no, è semplicemente aver imparato a suonare: da lì in poi si suona. Si imparerà ancora, ma ad un altro livello. Diciamo che è il momento in cui si diventa amici fedeli dello strumento musicale.
Insomma, quando raggiunsi quel punto, contemporaneamente cominciò l'improvvisazione casuale.
Tutti lo fanno: tutti improvvisano, ma l'enormità sonora del pianoforte permette di fare molto di più. 
Si cominciano serie casuali, tocchi velati, col pedale le armonie vengono lasciate scorrere come acqua e si seguono impulsi che è difficile, se non impossibile, scoprire e domare.
E' l'atonalità pura, non come teoria musicale ma come flusso di pensieri e sentimenti che dal cervello, per un attimo in pace con se stesso, si trasporta ai tasti bianchi e neri.
Note a caso, regolate però dalla acquisita padronanza del ritmo e dall'esperienza armonica dell'orecchio che senza pensare, naturalmente, muove le dita in altri universi.
Arnold Schoenberg nel suo Quartetto per Archi n. 2 mette in voce questo momento:
Io sento l'aria di un altro pianeta. Mi scolorano nel buio i volti benignamente a me prima rivolti.
Ecco: in quei momenti accade questo.
Cosa c'entra però Mompou?
C'entra perché ciò che in quei momenti scaturiva dal mio pianoforte, o meglio ciò che avrei voluto farvi scaturire, l'ho ritrovato nella pacata disarmonia e atonalità fallibile delle opere di questo magnifico pianista.
Questo io suonavo.
Peccato che l'abbia scoperto così tardi: peccato veramente.
Verrà, deve venire, il giorno in cui avrò di nuovo un pianoforte o una tastiera, e quel giorno gli spartiti di Mompou saranno i primi che finiranno sul leggìo.

Di seguito il brano di Mompou di cui sopra, ma suonato da Mompou stesso.


Un grandissimo estimatore di Mompou è inaspettatamente il gigantesco Arturo Benedetti Michelangeli. Dico "inaspettatamente" perché magari da lui ci si aspettava solo gran virtuosismo e brani particolari, ma sarebbe un giudizio attribuibile solo a chi non conoscesse questo pianista, forse il più grande di sempre a mio avviso. Michelangeli era un perfezionista, e un brano intimo e particolare come la Cancion Y Danza n. 6 gli è sicuramente congeniale. Michelangeli si batté affinché la musica di Mompou non cadesse nel dimenticatoio.

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