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Contro la filosofia: scontro tra Roberto Burioni e un filosofo

Categoria: PENSIERI

KEYWORDS: filosofia | pensieri | scienza |
Inserito in DATA: 13/12/2018 | Vai ai COMMENTI
Tutto nasce da un articolo del Fatto Quotidiano (e ciò la dice lunga).
Burioni non mi piace, anche se condivido la sua battaglia che però in lui è più un'attività di marketing. Tuttavia ha ragione. Il filosofo che ha deciso di occuparsi di scienza chiamandola "filosofia della scienza" dovrebbe capire che comunque sia, NON fa scienza. La scienza non ha bisogno della filosofia della scienza per andare avanti. La filosofia della scienza è un'attività intellettuale senza scopo, come tutta la filosofia - e non uso questa espressione in senso negativo! -; può  servire a creare spunti, sottolineare qualche risvolto non così immediato, ma non può mischiarsi con la scienza, né pensare che siccome si chiama "della scienza", faccia parte della scienza.
Leggo che tutto è iniziato da una frase del filosofo: “La scienza è una cosa buona, ma ci sono medici che ne hanno un’idea così ingenua e imbarazzante da fare danno alla scienza. Certo, non si può chiedere a tutti di conoscere un po’ di filosofia della scienza. Però ignoranza e arroganza non aiutano se decidi di metterti a discutere nello spazio pubblico”. La sua tesi è già implicita nei suoi presupposti: "ci sono medici che..." è un trucco retorico, porre all'inizio dell'argomentazione come presupposto ciò che si vuole difendere, come se la causa fosse l'effetto stesso. "Non si può chiedere a tutti..." segue la stessa solva: ovvero attesta che manchi conoscenza della filosofia della scienza, dando per scontato che questa conoscenza sia necessaria. Cosa che non è così: meditare sulla scienza è una cosa, barricarsi nella filosofia della scienza è un'altra. Che poi, se dici "non conosci l'abc della scienza" intendendo della filosofia della scienza (il tal filosofo così si è difeso...), non è Burioni che deve studiare ma sicuramente sei tu che devi fare meno il furbo. Burioni ha replicato col suo tono strafottente e molto fastidioso che non conosce la filosofia della scienza, non l'ha mai studiata, e non ne sente il bisogno: ottimo, perché comunque non gli servirebbe a nulla se non ad aumentare semplicemente la sua cultura generale. Uno scienziato può benissimo fare a meno di studiare la filosofia della scienza ufficiale e continuare a fare scienza e a parlare di scienza; un filosofo no, invece, senza la scienza non potrebbe parlarne (anche se molti lo fanno).
E' sfortunatamente parte della natura della filosofia, perlopiù continentale: continua a stare dentro se stessa, chiusa in un bozzo magico, non vuole uscirne verso le altre scienze o arti ma su tutto vuole pontificare. Ricorda un paranoico che sta sempre in casa, e dalla finestra guarda la gente e la giudica a partire solo dal vestito, o dal passo, e da queste piccole cose intesse grandi discorsi critici.
Povera filosofia, quanto male sei messa se sei rappresentata da cotal "filosofi" e se persino hai bisogno del Fatto Quotidiano per arrancare!
Il Fatto critica Burioni anche perché non è democratico, infatti cito dall'articolo:
È qui che inizia uno sconcertante attacco di Burioni, in cui l’affermato ordinario delegittima e ridicolizza il suo interlocutore per la sua condizione di precario, e quindi di fallito. “Un professore a contratto che dice a un professore ordinario ‘vada a studiare ne ha bisogno’ è qualcosa che accade solo su Twitter, e solo in casi particolarissimi”. Nella visione di Burioni non è quindi solo la scienza a non essere democratica. Mi puoi criticare se hai uno status pari al mio, altrimenti no. Non conta l’idea che si esprime né la competenza specifica. Prosegue Burioni: “O porta dei numeri a supporto della sua affermazione, oppure ai miei occhi rimangono delle frasi vacue che non esprimono altro che la sua frustrazione e che starebbero bene in un bar di periferia e non nelle aule universitarie che ancora lei è costretto – forse per questa sua ingiustificata protervia – a frequentare in maniera precaria”.
A parte il fatto che della tesi che la scienza non può essere democratica Burioni ha fatto un libro... Comunque direi che Burioni ha detto semplicemente la verità, perché la critica che ha subito non era per nulla una critica pacifica, ma una critica ben animata e a tratti offensiva, e che comunque metteva in dubbio le stesse capacità di Burioni ma in modo tendenzioso, fazioso: la tesi del Filosofo infatti è che Burioni dovrebbe tornare a studiare poiché in quanto scienziato è in difetto non conoscendo la filosofia della scienza. Qui è forse il "cotanto filosofo" che dovrebbe riguardarsi perché, altro bellissimo trucco retorico, oltre a presupporre dall'inizio che uno scienziato debba conoscere la filosofia della scienza (mentre dovrebbe essere vero solo il contrario), insulta uno scienzato (gli dà dell'ignorante) e poi avanza una mossa per rendersi inattaccabile e, in caso di attacco, immediatamente posizionato nella classe dei soggiogati dai potenti (sono un povero precario).
Si badi che questo saggio filosofo precario, però, non è un poveretto che si fa in quattro per arrivare a fine mese: sforna libri a non finire. Infatti l'articolo mi ha intrigato proprio perché, un po' di tempo fa "sfogliando" libri su IBS.it, mi erano capitati i titolo di questo soggetto ovvero: "La filosofia di Harry Potter. Vivere e pensare con un classico contemporaneo", "Pornosofia. Filosofia del pop porno", "La filosofia di Lost", "Harry Potter e la filosofia", "Stato di legittima difesa. Obama e la filosofia della guerra al terrorismo". E' coautore del libro "La filosofia del Dr. House". E poi i soliti su Derrida... E' la moda del momento: svecchiare la filosofia applicandone i ragionamenti, solitamente moderni e sinistrorsi alla Adorno o Marcuse, a soggetti mondani. Una specie di Hip-Hop filosofico.
Oltre al fatto che magari sono superficiale io a giudicare un libro dal solo titolo (ma credetemi, ne ho letti molti di libri di filosofia...), mi sapete dire tutti questi libri cosa hanno di affine con la scienza o la filosofia della scienza? 
Tolto ciò, oltre ad essere uno scrittore ed editor (lo dice chiaro e tondo in un'intervista il cui link è in coda) che dirige pure una collana per una casa editrice, si occupa di filosofia con conferenze e inviti a destra e a manca, è intrallazzato in politica guarda a caso col PD. Insomma, l'insegnamento è un plus, mi ricorda tanto quei miei insegnanti all'università che erano così impegnati che facevi fatica pure a vederli a lezione, cosa che infatti - tra tutti i loro interessi - si poteva quasi consideraro un ostacolo...
L'università Cattolica è un mondo "stretto": è cattolica in ogni senso, cosa pensa di ottenere uno che pubblica libri così in un'università strettamente cattolica, che già in passato ha fatto volare altri docenti? Ratzinger segnalò i libri di Harry Potter come pericolosi quando era ancora nella Sacra Congregazione della Dottrina della Fede, con "pornosofia" chissà cosa voleva dimostrare 'sto tizio. Fa più pensare che la sua mossa, una volta attestatosi come scrittore, sia stata quella di andare a cercare la pubblicità facile derivata da uno scontro con l'Università, piuttosto che il tentativo di farsi assumere. Se venisse da me uno a fare un colloquio di lavoro e mi dicesse "Si ma io sono contro i noleggi", credete che lo assumerei?
C'è una sua intervista online, in un blog, che è piuttosto chiara: inizia subito con la questione del porno e della Cattolica, segno che era pienamente cosciente del fatto che avrebbe avuto dei problemi, e non nutro dubbi che l'avevano avvisato; in secondo luogo, riguardo la lavoro (nello scontro con Burioni si lamenta di essere un povero precario) è piuttosto chiaro: "Sono un editor e dirigo una collana per una casa editrice, mi occupo di filosofia, scrivo".
I filosofi devono finirla di fare due cose:
1) voler sapere tutto
2) di questo tutto, volerne sapere di più degli altri
Ok per un filosofo parlare di scienza, ma veramente entro certi limiti, e molto stretti: un filosofo, per parlare di scienza, deve essere anche uno scienziato, altrimenti ci ritroviamo in una situazione in cui, grazie a una certa padronanza del linguaggio, il filosofo parlerà di un argomento che conoscerà però solo per voci di corridoio. Ho letto un sacco di filosofi citare la teoria della relatività: tutti bravissimi, e fa veramente un grandissimo effetto, ma che senso ha se poi a livello tecnico non la conosci? A cosa serve? La prima cosa è imporre/imporsi del limiti: solo all'interno di questi poi parlare. Altrimenti si straparla e basta. Che poi la padronanza del linguaggio mi va bene, in effetti i filosofi sono persone che da una parte leggono tanto, e dall'altra giocano molto col linguaggio; però basta con questi cazzo di trattini e concetti inventati perché un concetto inventato è aria fritta e basta. La teoria della relatività generale funziona e basta, per ora è sufficiente ed è la migliore teoria che abbiamo: eventuali interpretazioni da parte della filosofia saranno il pane di un filosofo e magari itneressanti per uno scienziato, ma non cambieranno nulla per quanto riguarda la gravità e il tempo.
Punto secondo: se sei un filosofo della scienza, non vuol dire che quando parli di scienza hai un punto di vista superiore per il fatto che sei "meta-" come piace tanto ai teoretici. Molte volte si confonde: un filosofo di qualcosa è una persona che filosofeggia che parla di qualcosa, e non è invece una persona che può parlare di qualcosa con maggior cognizione di causa di un'altra che filosofo non è. Molte volte i filosofi partono dal presupposto che loro un dato argomento l'hanno studiato più degli altri. Nel caso in questione della scienza, il filosofo si pone come se lui fosse il direttore, e lo scienziato la manovalanza. Invece il filosofo della scienza per prima cosa scienziato non lo è e quindi già per questo deve ridimensionarsi.
Parlo della scienza per il discorso di cui sopra, ma vale in generale.
Ho tanto amato le teorizzazioni di Emanuele Severino, ma dei suoi libri se ne salvano si o no tre o quattro e già sono troppo grossi, il resto sono continue, pesanti, a volte fuori luogo o imbarazzanti riproposizioni degli stessi temi applicati a ogni sfaccettatura della vita umana. BASTA! Parla di Parmenide, parla della Chiesa che alla fine è filosofia, ma basta santo diddio, lascia perdere Heisenberg e la teoria delle stringhe perché non c'entra un cazzo, non stai parlando di scienza stai facendo metafore ed è una cosa incredibilmente diversa.
Un esempio simile è il Counseling Filosofico, nato anni fa quando io ero ancora studente universitario e che a quei tempi avevo (blandamente) appoggiato. Non so se esista ancora, non ne sento molto parlare ma quando cominciai ad informarmi in merito mi resi conto che si trattava della solita aria fritta e piuttosto costosa. Oggi la professione del "counselor" (evviva l'italiano, come al solito) è molto più diffusa di allora; nell'azienda di famiglia a quei tempi la parola era ignota e non si ricevevano le mille mila proposte di collaborazione - si intenda "spesa" - che si ricevono oggi. A quei tempi il counseling filosofico era più una corrente parallela alla psicoanalisi; voleva aiutare le persone con disagio a riacquistare la loro stabilità. Il libro che diede l'avvio a tutto era "Platone è meglio del Prozac": fu proprio dopo averlo letto che abbandonai del tutto ogni interesse per questa sedicente branca della filosofia. Per quanto la psicoanalisi abbia dimostrato svariate criticità e molte sue derive potrebbero essere chiamate "filosofia", con la filosofia non c'entra nulla, perché il suo soggetto di studio principale non è teoretico, ma pratica. E' l'uomo che chiede aiuto. La psicoanalisi è più prossima alla psicologia, alla psichiatria, alla neurologia, di quanto lo sia alla filosofia perché lo scopo principale è il reinserimento dell'uomo nella società, ma non solo: i metodi per arrivarvi non c'entrano nulla con l'esame teoretico e sillogistico. Il counselor si inquadra nello schema troppo diffuso "filosofia del ...": avevamo della scienza, della musica, del linguaggio, ora abbiamo anche della nevrosi. Per lo psicoanalista, se il soggetto riesce a reintegrarsi nella società (lavorare normalmente, mangiare normalmente, fare sesso normalmente) la questione è chiusa; per il counseling filosofico c'è il rischio che invece questo sia di poco interesse, favorendo il "filosofeggiare" in merito. Molto psicoanalisti sono deviati verso la filosofia, e già questo non è un bene: ma che un filosofo si butti verso la terapia è un male.
Sfortunatamente in migliaia di anni di storia, e miliardi di pagine, non si è ancora capito una cosa: il filosofo è uno che parla, e punto. Lavora bene col linguaggio (a volte tuttavia neppure quello) e parla di cose fascinose, ma il suo contatto con la realtà è nullo. Zero. Niente. Duemila teorie differenti sui talleri di Kant, ma i talleri rimangono sempre identici a se stessi. Come ha detto Severino stesso, la contraddizione è nel linguaggio, ma io sottolineo che proprio questo bisogna capire: essendo così il linguaggio, non se ne verrà mai fuori. Scrivete libri, fateli belli, sono magnifici e ne leggo ancora a volte, e molte volte da quei libri e quei pensieri emergono cose fantastiche, è vero... ma tanto quanto può uscire una magnifica idea da un romanzo. Un ragionamento filosofico sarà sempre, per sempre, e lo è da sempre, un ragionamento circolare e inconcludente, e così dev'essere proprio perché è filosofia. Un libro filosofico può essere bello ma difficilmente (oserei dire mai) vero: è più simile a una poesia (a un poema, per via della lunghezza) che a un trattato. 
Con questo non voglio dire che il discorso di, e su , Kant sia stupido. È solo che i talleri restano lì e riguardo il loro scopo non cambia nulla: posso spenderli come voglio, comunque, perché i talleri restano nello stesso mondo di cui si occupano le scienze, un mondo che è estraneo a quello della filosofia. Che poi uno dei due mondi sia vero e l'altro no, ciò non cambia nulla: la scienza funziona nel suo mondo, e così la filosofia funziona nel suo, il punto è che comunque la nostra vita (il lavoro, le tasse, i furti, l'amore, la colazione, le ferie, eccetera) si svolge nel mondo della scienza.
Certo, la filosofia apre la mente perché di solito il filosofo ha un interesse teorico incredibilmente vasto e studierà un'infinità di cose e il suo intelletto è sicuramente interessante e superiore, di molto, alla media. Ma questo intelletto non ha dei limiti, né riesce a capire il concetto di limite, e fa parte quasi sempre di una persona altamente sovrastimantesi. L'effetto Lake Wobegon è tipico del filosofo.
Alla filosofia piacciono molto gli scacchi: bene, uno scacchista per il fatto di giocare bene a scacchi non può pretendere di essere anche un grande imprenditore, o un grande astrofisico, o un grande economista, o un grande musicista.
La filosofia è un'arte del ragionamento astratto perlopiù letteraria, e tale deve restare: solo così può essere una magnifica arte. Un bel libro di filosofia è un bel libro e basta.
Se va oltre, però, e da arte vuole farsi scienza (in senso lato) allora accadono cose disastrose. Ricordiamo che dalla filosofia è nato il comunismo, e per quanto tuttoggi lo si difenda, nelle sue tesi sono nati i peggiori crimini che il pianeta abbia conosciuto, costati la vita a milioni e milioni di morti; ha creato società, e continua a crearne, che hanno annientato le libertà degli individui prima ancora di annientare gli individui stessi. Se pensate che ormai non sia più così, leggete qualche articolo di un altro "gran filosofo" odierno, ovvero Fusaro: linguaggio criptico e destrutturato, ovvero incomprensibile, inneggiante al solito Marx con discorsi tratti dalla moderna retorica circolare filosofica ovvero piena zeppa di frasi con costrutti abbastanza complessi e parole tecnolocizzanti che danno l'idea di parlare scientificamente. In un bell'articolo (Che cosa abbiamo fatto per meritarci Diego Fusaro?) c'è una definizione splendida: "Fusaro non passerebbe il test di Turing"
Perché, quando uno parla di scienza, starebbe facendo filosofia della scienza? Se Burioni decide di divulgare qualcosa, lo fa da scienziato, non sta facendo filosofia della scienza, né è tenuto a farlo o a studiarla. Lo faccia il filosofo: è il suo lavoro, e il suo ruolo, ma di quello dovrà parlare con altri filosofi della scienza. Non confondiamo le cose: la filosofia della scienza non è né una scienza né una parte della scienza. E' filosofia, e può dialogare con le altre filosofie.
La filosofia è una magnifica arte letteraria, un bellissimo gioco linguistico: ma se devo dire qualcosa riguardo al mondo non possiamo utilizzarla. Non ha alcun senso, è come se volessimo studiare il cosmo utilizzando non la matematica, ma la letteratura fantascientifica. Peraltro questo è proprio il modo in cui si comportano le religioni coi loro libri sacri, e i loro risultati non sono proprio, come dire, credibili. 
Nel magnifico libro La Famiglia Karnowski, il giovane Georg Moses sta studiando filosofia ma il suo animo è in tumulto e non va avanti con gli studi, come se la stessa filosofia alimentasse il suo tumulto interiore. Conosciuto il dottor Landau, questi gli fa un discorso che è molto chiaro.
- Vedete giovanotto - disse il dotto Landau mostrandogli i libri - qui ci sono opere che vanno da Platone e Aristotele fino a Kant e Schopenauer. in migliaia di anni non sono arrivati a nulla. Sono sempre allo stesso punto, brancolano nel buio. Là ci sono i libri di medicina. Ogni nuova opera apporta qualcosa di nuovo alla materia. -
Beché fosse uno studente di filosofia molto mediocre, Georg cercò di difendere la sua vocazione.
- Dottore, parlate da medico, non da filosofo - disse.
- Ho sprecato anni della mia vita su quei libri assurdi - rispose il dottor Landau - tutto tempo perso, giovanotto. -
Fece avvicinare Georg al microscopio e gli mostri i microbi nel campione. - Vedete quei bastoncelli blu. Ecco. Sono i bacilli della tubercolosi. Chiudete un occhio, vedrete meglio. Ebbene, signor filosofo, questi almeno si vedono, mentre l'imperativo categorico no. Neukoelln non ha bisogno dell'imperativo categorico; ha bisogno di igiene e medicina.
Millenni di studi filosofici e ancora non sappiamo se l'essere è o non è, e se è anche se è stato o sarà. Ha senso? Certo, è bello: ma non è realtà.
Ripeto: la filosofia è un'arte letteraria. La filosofia è essere un libro. La filosofia è un ragionamento che ha come fondamento il linguaggio stesso, ossia lo strumento tramite il quale questo ragionamento viene svolto. La filosofia può parlare di tutto; certamente può farlo anche l'ubriaco al bar, ma la filosofia ci metterà più impegno, sistema, razionalità e criterio. Tuttavia l'oggetto di quel ragionamento sarà sempre il linguaggio, anche quando non sembra. Quando la filosofia parla di un tema, che può essere l'etica, la gravità, la teoria delle stringhe, le teorie della verità, la storia, in realtà parla del linguaggio. Il filosofo che parla di vaccini non parla dei vaccini reale, parla del "parlare dei vaccini".

Come dicevo, non mi piace Burioni e dice un sacco di stronzate e in malo modo perché, sostanzialmente, deve farsi marketing: ma tra due buffoni che parlano di scienza, se proprio devo scegliere, preferisco lo scienziato.

Da filosofo, sono ormai sempre più critico della scienza: studiatela, è bella, e veramente apre la mente. Ma non fatene una scienza. Dalla filosofia andate verso altri mondi, e portateci la filosofia, ma non fate il contrario.
Se volete leggere qualcosa di Diego Fusaro senza comprarne i libri, esiste un fantastico Fusarobot che alla fine spara le stesse cazzate, ma è simpatico.
Non mi piacciono molto i motti riportati così, di per sé, ma questo di Richard Feynman è carino: "La filosofia della scienza è utile agli scienziati quanto l’ornitologia agli uccelli". Si badi che non dice che l'ornitologia è inutile: è inutile per il suo oggetto di studio. La filosofia della scienza non è inutile, e chi conosce Feynman sa che mai direbbe una cosa simile: è inutile, però, per la scienza, per la ricerca scientifica

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