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Orson Scott Card

Il gioco di Ender

— La cosa ha anche altre sfaccettature. Stando qui, da solo e coi lussi dell'ozio, ho potuto anche riflettere su me stesso. E sul perché odio tanto me stesso.
— No, Ender... non devi.
— Non dirmi che non devo. Ci ho messo molto a capire che era così, e credimi, mi odiavo. Mi odio. E sono arrivato a intuire questo: nel momento in cui io capisco davvero il mio avversario, abbastanza profondamente da poterlo battere, in quel preciso momento io comincio ad amarlo. Penso che sia impossibile conoscere una persona, ciò che è e ciò in cui crede, senza amarla come lei ama se stessa. Ed è proprio allora, nell'istante in cui sento di amare il mio nemico, che io...
— Lo sconfiggi — terminò lei, e d'un tratto non ebbe più paura della sua capacità di leggere in lei.
— No, non hai capito. Io lo distruggo. Gli precludo ogni possibilità di assalirmi ancora. Lo calpesto e continuo a calpestarlo finché non esiste più.

COMMENTO ALLA CITAZIONE:

Non capisco perché negli articoli che trattano le solite classifiche di libri di fantascienza compare di continuo, ad esempio, quella gran minchiata di Guida Galattica, o il solito Il Cacciatore di Androidi di Dick che ha scritto millemila libri migliori, e invece non compare (quasi) mai questo romanzo che (tolti i seguiti, vergognosi) ha una potenza assolutamente devastante che dovrebbe a buon diritto essere inserito tra i grandi classici della letteratura in genere.

Citazione inserita il 04/11/2013
Categoria: NARRATIVA

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